C’ero anch’io
quella mattina
sulla via della
croce.
Eri a poca
distanza da me
mentre fra sputi
ed insulti
arrancavi verso
il posto
dove avevamo
decretato
che Tu morissi.
Attorno a me la
folla.
C’era chi voleva
solo curiosare
e chi era
capitato lì per caso
ma c’era anche
chi voleva partecipare
per vendicarsi di
Te
almeno solo con
lo sguardo.
L’ennesima
profanazione di quel corpo
già ridotto ad
un’unica piaga:
la miseria umana.
Non so dirti
perché accorsi anch’io
a quella sagra
dell’ingiustizia
ma, come Zaccheo,
mi feci largo tra la folla
per vedere.
Ed ero in prima
fila.
Tutto ciò di cui
potrei essere capace era lì
davanti ai miei
occhi
sprofondati tra
quelle piaghe
che invocavano la
morte.
Stavi per
passarmi davanti
ma io non volevo
più vedere oltre.
Avrei voluto
essere lontano
il più lontano
possibile da quello scempio
ma ormai non
potevo più scappare.
Ero imbottigliato
tra la folla
che i soldati
romani spingevano indietro
per lasciar
passare la giustizia dell’uomo.
Ora non eri più
una macchia di sangue
sulla via del
Calvario.
Ora si
riconosceva un volto.
Ed eri ancora
umano.
Dicono che Tu
fossi il più bello fra gli uomini
ma io non ti
avevo mai visto prima.
Quella mattina
però lo eri davvero
talmente bello da
non aver il coraggio di guardarti.
E abbassai lo
sguardo
per non correre
il rischio d’incontrare il tuo.
Come uno struzzo
sperai
d’aver scampato
il pericolo di quell’incontro.
E mi passasti
davanti
ma io non
sollevai gli occhi da terra.
Vidi soltanto i
tuoi piedi piagati
che sostarono
alcuni secondi davanti a me.
Sicuramente
dovevi riprendere fiato.
Ma uno schiocco
di frusta
Ti richiamò al
tuo dovere di vittima…
E così
riprendesti sulle spalle il mio peccato
avanzando ancora
con fatica.
Ma sui sassi mi
lasciasti il tuo ricordo.
Dicono che
moristi alle tre
ma io non venni a
vedere.
Ero rimasto lungo
la via del Calvario
seduto a terra
davanti
a quell’impronta di
sangue
|