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Un
Monastero nella città
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La
piccola Urbino è uno scrigno, un
cofanetto portagioie in mattoni.
Mentre ci si avvicina in auto al centro
storico, lo sguardo è catturato dalla
mole prominente dei Torricini del
Palazzo Ducale; avventurandosi poi fra
le sue vie e i suoi vicoli, ovunque ci
si volti c’è qualcosa da ammirare o
visitare. Alcune delle sue bellezze
balzano subito all'occhio, altre vanno
cercate con maggiore attenzione. Fra
queste, c’è la minuscola chiesa di S.
Caterina
d’Alessandria, nascosta sotto l’uniforme
epidermide in laterizio degli edifici,
col suo cuore di marmi policromi.
Se
questo gioiellino è meno prezioso
rispetto ad altri, rilevante è invece il
ruolo che la chiesa può giocare nel
tessuto sociale, diocesano e accademico
di Urbino, come ha già fatto la comunità
di S. Caterina in passato. La clausura,
infatti, non ha mai impedito ai
monasteri di essere protagonisti
della storia e della cultura europea,
di esserne custodi e promotori, anche se
sussistevano differenze non trascurabili
tra i cenobi maschili e quelli
femminili. Nei secoli scorsi, la
produzione artistica e musicale (che
comprendeva anche liriche e commedie)
realizzata in o per le comunità
femminili aveva come pressoché unici
destinatari le monache stesse o persone
vicine a loro. Negli ultimi tempi,
invece, le monache confezionano opere
d’arte o prodotti d’artigianato
destinati all’esterno e ad altre
comunità; di pari passo, i monasteri si
propongono di nuovo come luoghi di
scambio intellettuale, sociale e
religioso ospitando conferenze e corsi,
pubblicando giornali e libri. Nelle
Costituzioni della Federazione dei
monasteri agostiniani d’Italia si parla
esplicitamente di “apostolato della
penna”.
Rendere
la chiesa di S. Caterina un punto di
riferimento per la città-ateneo di
Urbino è un sogno, un obiettivo che da
anni preme alla comunità monastica. Sita
in una posizione ottimale per questo
compito, intitolata alla patrona degli
studi negli Ordini mendicanti e delle
università, legata al Progetto “Un
Monastero nella Città” che negli ultimi
tempi si è rivolto di preferenza ai
giovani, la chiesetta manca solo di
visibilità. Quest’anno, perciò, sono
stati pensati
“I
Mercoledì di S. Caterina”:
serate
aperte a tutti, studenti e non,
credenti e non, urbinati e non, tenute
da relatori competenti in settori
disparati, dalla fede alla scienza,
dall’arte al sociale ecc. L’intento è
di offrire un prodotto di qualità in
un luogo intriso di bellezza,
spiritualità e storia, confermando la
presenza e la partecipazione del
Monastero nel tessuto sociale e nella
vita cittadina. Urbino durante il
Rinascimento fu una delle capitali del
pensiero e dell’arte, madre e mecenate
di personalità illustri. Al contrario
di allora, oggi soffriamo di
un’esasperata specializzazione e della
scissione tra discipline umanistiche e
scientifiche, tra lavoro manuale e
attività intellettuale, tra religione
e cultura, tra l’umano e il divino,
tra Chiesa e società, tra interiorità
e vita pubblica i cui effetti si
rivelano sempre più dannosi. Il
ritrovarsi in un luogo di culto per
qualcosa di diverso dalle funzioni
liturgiche possa costituire
l’occasione e lo sprone a ricucire
questi strappi, a diventare persone
mature da ogni punto di vista, a
sentirsi parte di una comunità
accademica, civile ed ecclesiale.
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