In
questo giorno c’è
aria di festa ad Urbino, più precisamente
nel vicolo del monastero delle
Agostiniane; odore di dolci, marmellate,
biscotti ma soprattutto di “ruote” e
“rotelle”, quelle fatte con la ricetta di
trecento anni fa e riproposte solo per la
festa di s. Caterina. È
un rito che da anni scandisce puntualmente
la festa di fine novembre in onore della
santa d’Alessandria d’Egitto, condannata
nel 303 al supplizio della ruota uncinata.
È tradizione cara a noi monache e agli
amici del monastero celebrare la Santa e
invocare la sua intercessione consegnando
la lampada benedetta ai
fedeli - soprattutto studenti (ma
non solo, perché nella vita “gli esami non
finiscono mai”) - nelle due Celebrazioni
Eucaristiche, del mattino e della sera.
Caterina è l’esempio per tutti noi di
quanto sia importante fare delle scelte e
rimanervi fedeli, fino al dono della vita,
se necessario. E quando questo ideale è
l’amore per Cristo sopra ogni cosa, allora
ella può diventare per tutti noi,
cristiani all’acqua di rose, segno che una
vita diversa è possibile. I secoli che ci
separano da Caterina ci consegnano una
storia ricca di tradizioni, immagini,
folklore sulla Santa. Ella è presente
anche nella tempimensura tradizionale come
punto di riferimento della variazione
stagionale, segnando un po’ l’inizio del
rigore invernale. La sua festività,
infatti, recava freddo e da lì in poi non
ci si poteva più illudere: si entrava
nell’inverno vero e proprio. Per S.
Caterina tira fuori la fascina; Per S.
Caterina o la neve o la brina; Per S.
Caterina la neve si avvicina; L’estate
di S. Caterina dura dalla sera alla
mattina; Per S. Caterina le bestie alla
cascina, sono una serie di proverbi
popolari che con la loro sapienza
spicciola scandivano la vita di tutti i
giorni, specialmente di coloro che avevano
in custodia terre e animali da
allevamento.
Alla
sua figura sono legate anche tantissime
protezioni. Per il supplizio della ruota
protegge coloro che praticano quelle
attività che hanno a che fare con ruote e
ingranaggi: mugnai, carrozzieri,
filatrici, arrotini, tornitori, vasai. Per
la sua sapienza, grazie alla quale confutò
i filosofi pagani, è patrona delle università,
scuole superiori, degli studenti,
biblioteche, insegnanti, filosofi e
giuristi.
La
sua festa sembra più che mai consona al Progetto
e al monastero a lei dedicato,
collocato nel cuore dell’Ateneo urbinate,
festa che comprende un po’ tutti questi
aspetti, a cominciare da quello sacro, per
cui la invocheremo come patrona
degli studenti che sudano
sui libri di testo, di chi lavora nelle
catene di montaggio o a contatto con
ingranaggi vari (ruote), di chi lavora la
terra con fatica, dei filosofi e - non per
ultimo - di tutta la città di Urbino.
Nel
2009
la “Ruota di S. Caterina” è stata
presentata come dolce urbinate ad
un
incontro in Assisi organizzato dall’Unesco;
così, se la nostra ruota
è arrivata anche all’Unesco,
può davvero diventare
dolce tipico della nostra città!
La
particolarità della festa, quindi, ricopre
molti aspetti: da quello sacro a quello
più popolare, per cui avremo come eventi
fondamentali la benedizione della LAMPADA
DELLO STUDENTE (con la leggenda che
l’accompagna), nelle due Celebrazioni
Eucaristiche e il MERCATINO
DI AUTOFINANZIAMENTO in cui
verranno messi a disposizione di tutti i
prodotti artigianali del monastero.
La
benedizione della lampada dello
studente si inserisce nel contesto
della pietà popolare, della quale ha
parlato ultimamente anche Papa Benedetto
nella sua bellissima lettera ai
seminaristi di tutto il mondo:
«Mantenete
pure in voi la sensibilità per la pietà
popolare, che è diversa in tutte le
culture, ma che è pur sempre molto
simile, perché il cuore dell’uomo alla
fine è lo stesso. Certo, la pietà
popolare tende all’irrazionalità,
talvolta forse anche all’esteriorità.
Eppure, escluderla è del tutto
sbagliato. Attraverso di essa, la fede è
entrata nel cuore degli uomini, è
diventata parte dei loro sentimenti,
delle loro abitudini, del loro comune
sentire e vivere. Perciò la pietà
popolare è un grande patrimonio della
Chiesa. La fede si è fatta carne e
sangue. Certamente la pietà popolare
dev’essere sempre purificata, riferita
al centro, ma merita il nostro amore, ed
essa rende noi stessi in modo pienamente
reale “Popolo di Dio”»
(18 ott 2010).
La
devozione ai santi ci deve sempre
“riferire al centro”, cioè al Signore e
alla fede genuina: così anche quella a S.
Caterina, che con la sua testimonianza di
amore incondizionato a Lui, ci indica la
strada verso la santità, misura
alta della vita cristiana, indubbio
sinonimo di felicità.
Vivremo
insieme la festa con gioia e sarà un
giorno di cristiana fraternità: monache,
amici, conoscenti, studenti ai quali - in
particolare - sarà dato di celebrare la
propria patrona.
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Il
significato della LAMPADA è
strettamente connesso al simbolismo
cristiano della luce. Cristo è luce, è Lui
la “stella luminosa del mattino” che
squarcia le tenebre del peccato e fa
risplendere l’alba nuova della Pasqua.
“Cristo luce del mondo”, cantiamo la notte
di Pasqua davanti a quella fiamma tremula
che illumina l’oscurità delle nostre chiese,
alla quale accendiamo le nostre candeline e
confessiamo la nostra fede in Lui.
Il
Battesimo è LUCE e i battezzati -
nell’antichità cristiana - erano chiamati
gli “illuminati”, ad indicare il completo
rinnovamento della vita in Gesù, chiamati a
portare luce e speranza nel mondo pagano
circostante.
Inoltre nel
vangelo la lampada ardente appare come
simbolo di vigilanza, dell’essere sempre
pronti ad andare incontro allo Sposo che
viene. Infine Dio è luce: “Signore,
tu sei luce alla mia lampada, tu rischiari
le mie tenebre” (Sal.
17, 29).
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