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Si può cercare di eludere la domanda sul senso della propria vita, ci si può distrarre e rimandarla a domani, ma essa resta sempre lì, pronta a riemergere in qualsiasi evento dell’esistenza.
E comincia l’inquietudine ...
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Ognuno di noi ha la sua storia; ognuno di noi deve percorrere il suo sentiero con pazienza e tenacia. Presto o tardi questa nostra storia, questo nostro sentiero s'incontrerà, s'intersecherà con la storia e col sentiero su cui cammina Cristo.
Ed è allora, e solo allora, che viene il momento della scelta, dell'accettazione, del sì o del no. È certa però una cosa: fintanto che non abbiamo accettato Lui, testimoniato Lui come Figlio di Dio, mancherà qualcosa alla nostra vita, ci sarà come un'ombra sotto il nostro sole, una nostalgia alle nostre aurore, un'inquietudine nelle nostre notti.
(Carlo
Carretto) |
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La samaritana al pozzo | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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In questa sede rifletteremo sul brano dell’incontro di Gesù con la donna samaritana (Gv 4,1-30) in riferimento al tema dell’incontro che è quello del senso della vita.
La samaritana è un personaggio che non ha nome, perché rappresenta ciascuno di noi. Si tratta di una donna in ricerca: ogni giorno va al pozzo ad attingere acqua. Ha sete, ma la sua sete non si placa. L’acqua del pozzo non le basta: è un’acqua chiusa, delimitata, è un’acqua che “sta stretta”. Forse non ne è pienamente cosciente, ma sta cercando qualcosa di più, anche se non sa cosa. L’acqua è fonte di vita, è garanzia di vita: dove c’è acqua c’è vita. L’acqua è il senso della vita. Forse però la sua acqua sta diventando un po’ stagnante. Dunque: una donna in ricerca che vuole dissetarsi per sempre (cfr. v. 15), ma va ad un pozzo che non le basta. Sembra qui riecheggiare il lamento di Jhwh per bocca del profeta Geremia: Il mio popolo ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua (2,13). Forse la samaritana sentiva che la sua vita era come una cisterna piena di crepe che non trattiene l’acqua, eppure ogni giorno ripeteva il suo rituale, affondando nel pozzo della sua storia (il pozzo è simbolo della storia perché è stato ereditato dal patriarca Giacobbe – cfr. v. 12) l’anfora della propria vita, per riempirla di qualcosa che, in realtà, non le sarebbe bastato. Ma è proprio lì, in questa sua ricerca che Gesù l’aspetta, la trova e le si rivela. Gesù siede presso il pozzo (v. 6), siede sul pozzo: è lui il Dio della vita e della storia, più grande della nostra storia (cfr. v.12). Nel corso del dialogo, Gesù invita la donna a guardarsi dentro, a guardare dentro il pozzo della sua storia, perché lì è nascosto il senso della sua vita: Sono io, che parlo con te (v. 26). Dirà s. Agostino: “Ti cercavo fuori, ma tu eri dentro di me”. La samaritana incontra Gesù a mezzogiorno (v.6): è pieno giorno… è la pienezza del tempo, quando cioè tutto della persona è pronto perché si sveli il senso della vita e soltanto nella pienezza del tempo si può aderire ad esso. Viene l’ora – ed è questa (v. 23): adesso devo accogliere il senso della vita che mi si rivela. Adesso, non ieri, non domani. Il mezzogiorno è l’ora sesta (Crocifissione e Morte di Gesù), l’ora in cui si è manifestata pienamente la Passione d’amore di Dio per l’uomo, ciò che dà senso alla vita: io sono, per un eccesso di amore di Dio su di me (Maria è piena di grazia, traboccante di grazia). Dammi da bere (v. 7): Gesù prende l’iniziativa… come se dicesse: “Ti sto cercando”. Comincia un botta e risposta che gioca sull’equivoco e sull’incomprensione. Quando il senso della vita comincia a svelarsi, si alzano le difese, si finge di non aver capito, si cerca di sviare il discorso. Ma: Se tu conoscessi il dono di Dio (v. 10). Gesù le sta dicendo: “Io posso appagare la tua sete per sempre”. Gesù ha sete di suscitare la sete della donna. Dio desidera suscitare in noi il desiderio di scoprire il senso della vita. Allora sì: dammi quest’acqua (v. 15), cioè: “anch’io ti sto cercando”. Quel dammi è significativo: il senso della vita non è nelle nostre mani (= anfora tenuta stretta dalla donna), ma è dono di Dio e bisogna chiederlo-implorarlo-desiderarlo-muoversi verso… (“Alla ricerca di un senso per la vita”). Non piove dal cielo, anche se è un dono del cielo. È necessario ammettere di avere “sete”, cioè chiedere a Dio. Da qui comincia il cammino di una vera conoscenza di sé e di una profonda conversione: Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui (v. 16), cioè: “guardati dentro e poi convertiti”. Marito, in ebraico, è “Baal”, che significa anche padrone, signore, idolo. Gesù le sta chiedendo: “Cosa o chi c’è al centro del tuo cuore? A chi affidi/consegni la tua vita?”. Hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito (v. 18): la donna ha una vita confusa e disordinata, ha provato di tutto, ma non ha trovato il senso della vita (Non ho marito – v. 17). Inoltre, l’uomo che è lì con lei, Gesù, non è ancora il signore della sua vita, il senso della sua vita. La donna avanza pretesti, gira attorno, cerca di prendere tempo, rinviando la risposta, la decisione fondamentale. Chiede, vuole sicurezze. Gesù taglia corto: Sono io, che parlo con te (v. 26), sono io il senso della tua vita. La donna lasciò la sua anfora (v. 28). La donna si arrende, si abbandona. Aveva tenuto in mano l’anfora per tutto il dialogo con Gesù. L’anfora è tutto quello che serve per vivere (= attingere acqua), le sicurezze, il poter fare da sola e quasi bastare a se stessa, ma anche la sua realtà di donna bisognosa e in ricerca. Adesso – finalmente – può lasciare l’anfora perché ha trovato che veramente può dissetarla e non ha più bisogno di altro. Si può lasciare solamente dopo aver trovato e così avere le mani libere per stringere forte ciò che da sempre si è cercato: Trovai l’amore dell’anima mia. Lo strinsi forte e non lo lascerò (Ct 3,4).
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Come Sentinella nella notte | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Dal libro del Profeta Isaia (21,11-12) Mi
gridano da Seir:
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Dal discorso tenuto dal B.to GIOVANNI PAOLO II in occasione della veglia di preghiera per la XV Giornata mondiale della gioventù a Tor Vergata (19 agosto 2000). «Cari amici, vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio. È Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna. Cari giovani del secolo che inizia, dicendo «sì» a Cristo, voi dite «sì» ad ogni vostro più nobile ideale. Io prego perché Egli regni nei vostri cuori e nell'umanità del nuovo secolo e millennio. Non abbiate paura di affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione». |
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sentinella
Sentinella sentinella quanto resta della notte? Perché il tempo ormai consuma e il mio cuore è già gonfio.
Non spegnere il tuo lume perché l’attesa seppur tenera e dolce ormai inquieta l’istante e brama la luce.
Ed io sfamato dalla certezza d’un amore eterno - già pronto al Mistero della notte che illumina il giorno, sono qui.
Teso all’aurora respirando la speranza.
(A. R. Mazzocco, Il Cantico di Tommaso)
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Ciao a tutti!
Sono una ragazza di 18 anni della provincia di Brescia. Dal 29 ottobre al primo novembre ho partecipato al primo incontro “Alla ricerca di un senso per la vita” del Progetto Un monastero nella città, tenutosi nel Monastero delle Agostiniane e rivolto a noi giovani dai 18 ai 35 anni.
Conoscevo già la carica che anima queste monache e che si cela nella vita claustrale ma, come ho riscontrato dopo altre esperienze simili, non mi aspettavo qualcosa di così concreto e incisivo.
Abbiamo vissuto insieme dei momenti di lezione, tenuti da Rita, molto interessanti, circa la differenza tra “significato” e “senso”, “obiettivo” e “meta”, sulla necessità di avere un valore da inseguire nella nostra esistenza e abbiamo avuto una piccola infarinatura di psicologia. Abbiamo visto anche il film “The Truman show” con i particolari occhiali 4D fornitici dalle monache e che ne hanno reso davvero profonda la visione! E’ stato bello poi confrontarci tra noi ragazzi anche al di fuori di questi momenti.
Abbiamo pregato con le monache e domenica sera c’è stato il momento della veglia: davvero intenso, siamo ritornati senza parlare nelle nostre camere e si sentiva che non era un silenzio vuoto e di isolamento. La sera seguente le monache ci hanno fatto dono di una piccola lanterna, per ricordarci che dobbiamo essere sentinelle e vegliare. Ma dobbiamo anche imparare ad avere fiducia: quando in cappella abbiamo dovuto pronunciare “Gesù, mi affido a te”, per me è stato il gesto più difficile.
Noi giovani abbiamo vissuto insieme momenti di felicità, abbiamo giocato, abbiamo riso come pazzi, mangiato (grazie a Giovanni e a Maria!) e cantato; è stato bello anche sperimentare la gioia di vivere delle monache.
È stata una sfida per me, mi sono dovuta confrontare con persone che all’inizio non conoscevo e su argomenti tosti, però una sfida davvero degna di essere vissuta. Sono partita da casa con l’inquietudine di comprendere che cosa voglia da me il Signore e sono ritornata con un’inquietudine ancora più forte, eppure non posso che gioirne! Perché ho ricevuto alcune dritte utili e sono consapevole che essa mi terrà attiva e in attenta ricerca.
E in qualità di giovane sentinella, consiglio vivamente ai ragazzi di partecipare al prossimo incontro di gennaio, perché so che abbiamo bisogno di riferimenti e quale senso di instabilità ci trasciniamo dentro!
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