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Ve lo raccontiamo così... | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Desideri Pregiudizi Paure Cosa portare nello zaino? Speranze Idee Attese |
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Un problema che affrontiamo ogni volta che prepariamo un’escursione, ma che nel caso di un lungo viaggio a piedi assume un’importanza fondamentale, e può fare la differenza tra una splendida esperienza e un inferno Chi affronta per la prima volta un lungo viaggio a piedi tende a caricare un peso eccessivo sulle spalle, senza rendersi conto che uno zaino pesante aumenta notevolmente la fatica, e soprattutto le sollecitazioni sulla schiena, sulle articolazioni e sui piedi. Di solito si rende conto del problema dopo qualche giorno di cammino, a volte quando è troppo tardi per evitare i problemi tipici del peso eccessivo: mal di schiena, infiammazioni alle articolazioni, vesciche ai piedi. Una scena classica alla quale si assiste nelle prime tappe del Cammino di Santiago è la spedizione a casa degli oggetti inutili, o la donazione ad altri pellegrini che potrebbero averne bisogno. A tale scopo esiste in ogni ostello un apposito spazio in cui i pellegrini affaticati lasciano scarpe, bastoni, maglioni, libri e altri oggetti pesanti. Bisogna quindi dedicare una cura maniacale al contenimento del peso dello zaino…
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Tutti a Spello!! | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Quest'anno il camposcuola si è tenuto presso le Agostiniane di Spello, alle quali siamo legate da profonda amicizia. Il Monastero umbro, intitolato a S. Maria Maddalena, ha accolto i partecipanti al campo e lo staff del Progetto "Un Monastero nella città" con quel calore tutto agostiniano che l'ha sempre contraddistinto! Cogliamo l'occasione per ringraziare Madre Agnese e tutta la Comunità per la loro disponibilità e il loro affetto.
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Tu... seguimi! | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Zaino in spalla e... alla Sua sequela! |
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La vita cristiana è seguire Gesù, andare dietro a lui percorrendo la strada da lui tracciata, mettere i propri passi sulle sue orme. Seguire Gesù è seguire il mistero, che non è qualcosa di inconoscibile e chiuso a qualsiasi esperienza, ma è ciò che deve essere decifrato, dinanzi al quale però cade ogni superba pretesa. Seguire Gesù, fare esperienza di lui, è poter dire come Giobbe: “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto” (Gb 42,5). Questa è anche l’esperienza dei primi due discepoli narrata in Gv 1,35-51, che sentono parlare di Gesù dal loro maestro Giovanni Battista e affascinati da quelle parole, seguono Gesù e cominciano ad interessarsi a lui. Lungo il Vangelo di Giovanni, Gesù si presenta e si rapporta con tutto il suo mistero. Tra lui e i suoi interlocutori c’è un abisso, un dislivello: lui vuole portarli in alto, nel profondo della sua verità; loro invece razzolano basso, incapaci di staccarsi dalla terra, dai ragionamenti umani. Ma analizziamo con più attenzione il testo giovanneo al quale ci stiamo riferendo. Ci troviamo nella prima settimana del ministero pubblico di Gesù. Gesù passa, ma non si ferma. Gesù passa nella vita dei due discepoli: bisogna essere attenti per lasciarsi affascinare dal suo passaggio misterioso (infatti non si dice da dove viene, né dove sta andando). C’è un gioco di sguardi: Giovanni Battista lo vede, lo fissa, si accorge di lui e lo testimonia; Gesù vede che lo seguono e si accorge dei due discepoli: accorgere (ad-cor-gero), portare-avere a cuore, fare posto nella propria vita a qualcuno. Che cosa (chi) cercate? = è la prima parola di Gesù nel Vangelo di Giovanni. L’ultima sarà “Tu seguimi” (21,22). Gesù scava nel cuore dei discepoli, fa prendere coscienza del desiderio che ognuno ha; Gesù vuole essere cercato, desiderato. Il discepolo deve avere chiaro il suo desiderio più profondo e più vero, il suo bisogno fondamentale di Gesù. Soltanto allora può passare alla sua sequela: “tu seguimi”. Il discepolo deve chiarire a se stesso che cosa cerca realmente nella vita e su che cosa pone il centro di essa: “che cosa vuoi nella vita? Che cosa vuoi dalla vita? Che cosa vuoi per la vita?”.
CHE CERCATE?... CHI CERCHI? È la domanda fondamentale del cammino spirituale. Ricorre 3 volte nel Vangelo di Giovanni e segna 3 tappe cruciali: 1,38 (i primi due discepoli): è l’inizio della sequela/discepolato. Si cerca il maestro di vita e di fede. È il fascino, l’entusiasmo degli inizi. Si intuisce che in Gesù c’è qualcosa di diverso, di speciale. Lui però ancora non si rivela, ma invita a fidarsi, a provare. 18,4.7 (orto degli Ulivi): è la fase di stallo, la crisi, la delusione, il disorientamento, lo sconforto, la tentazione… la NOTTE. Si cerca l’uomo che ha deluso le false aspettative, ma lui risponde: “Sono io, sono Dio, sono quello che il tuo cuore cerca, anche se i tuoi occhi non sanno riconoscere”. È l’invito a decidere: rimani con me o mi abbandoni? 20,15 (Maddalena): è la scelta di rimanere con lui, la conversione, l’adesione incondizionata. Si cerca il “mio Signore”, l’amato, l’oggetto-soggetto del proprio desiderio più vero e non si è più disposti a perderlo, lo si afferra forte perché finalmente si è trovato. È la maturità del cammino. Il discepolo diventa testimone/annunciatore, spende la sua vita per il tesoro scoperto. Dove dimori? = chi sei veramente? Vogliamo fare esperienza di te, vogliamo stare con te. Vogliamo conoscerti. Vogliamo vedere se la tua dimora è quel “luogo caldo dove sentirsi a posto nel posto giusto”, se la tua dimora è il senso della nostra vita. Se Gesù è il centro della mia vita di cristiano… allora è importante sapere dove lui è per stare con lui (stare sulla sua “lunghezza d’onda”): “Rimanete in me e io in voi… Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto” (Gv 15,4.5). Venite e vedrete = questo dialogo/botta e risposta è il “circolo ermeneutico”, la danza tra la vita e il cuore: l’evento-Gesù interpella il cuore dei discepoli ed essi interagiscono con Lui. “Venite e vedrete” è l’invito a fare esperienza di Gesù, entrare nell’intimità con lui. Ma: l’esperienza di Dio (= “vedrete”) non si ha prima di averlo scelto (= “venite”). Per diventare discepoli non basta una testimonianza (Giovanni Battista), né una propria ricerca (“dove dimori?”): occorre un incontro personale (“andarono… videro… rimasero”). E questo è possibile soltanto in forza di una precisa chiamata di Gesù: “Venite” (all’imperativo). “Vedrete” è al futuro: Gesù non dice che cosa vedranno né quando. È stando con lui che il futuro si dischiuderà. Seguire Gesù non significa sapere già dove egli conduca. Nell’Ultima Cena (Gv 14,4-5) Gesù dirà ai discepoli: “del luogo dove io vado, conoscete la via” e Tommaso risponderà: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?”. Tommaso è convinto che per conoscere la strada devi prima conoscere la meta a cui si vuole arrivare. Per Gesù è vero il contrario: quando si conosce la via giusta, si giunge anche alla meta giusta. La via giusta è seguire Gesù (“Io sono la via…”), e questo i discepoli lo devono sapere. L’importante è conoscere qual è la strada: la meta si troverà di certo alla fine. La correttezza della ricerca non sta, dunque, nel sapere già con esattezza che cosa si vuole, dove si va, ma piuttosto nel porsi sulla strada giusta, nella direzione giusta, disposti a percorrerla dovunque essa conduca. Il difetto di fondo sta proprio nella pretesa di chiudere il cammino, di sapere già: rinchiudersi dentro un progetto, anziché aprirsi alla libertà di una persona, che è Gesù. Seguire Gesù è affidarsi a lui, fidarsi di lui e non di se stessi; non anteporre i propri progetti, le proprie priorità; non cercare sicurezze e programmi scanditi e codificati. Le quattro del pomeriggio = l’ora decima, l’ora della pienezza, la pienezza del tempo. Gesù è la pienezza (“Quando venne la pienezza del tempo…”). Chi cerca, troverà in lui la risposta piena alla sua ricerca. Abbiamo trovato… = la ricerca porta frutto, non è mai disattesa. L’esperienza di Gesù ti fa crescere e ti permette di conoscerlo nella verità: non è più solamente un rabbi, ma è il Messia, il compimento delle Scritture. Se mi segui… Vedrai cose più grandi di queste: I primi discepoli volevano comprendere Gesù secondo le categorie del loro contesto religioso, nazionale e sociale… La promessa di Gesù in Gv 1,50-51 (“Vedrai cose più grandi di queste… vedrete il cielo aperto…”) ci chiede di riconoscere i limiti delle nostre speranze, dei nostri desideri e dei nostri progetti, e di permettere che il cielo si apra sopra di noi. Ci si chiede di essere uomini di fede, che non fanno prevalere i propri modi di pensare e di agire su quelli di Dio. Questa è la provocazione suprema della chiamata al discepolato: noi vedremo cose più grandi quando saremo capaci di riconoscere in Gesù il dono di Dio e di plasmare le nostre vite e le nostre attese in accordo con il punto di vista di Dio.
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Ecco, io faccio una cosa nuova | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La verità è che io sono un essere destinato alla bellezza, e ogni volta che nella ricerca di essa mi accontento di qualcosa che le somiglia soltanto mi perdo in un profondo languore. Ci vorrebbe il coraggio dell’Esodo per lasciare le proprie sicurezze e rischiare l’immagine di se stessi, per imparare a volersi bene. Bisognerebbe guarire il cuore dalle schiavitù per non aver paura della libertà. Ma soprattutto bisognerebbe credere in un Dio che non guarda tanto a quello che siamo quanto a ciò che potremmo essere, se solo ci fidassimo un po’ più di Lui che di noi. Così, quando il saggio indica la luna, finalmente potremmo smetterla di fermarci a guardare il dito.
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E tu... chi sei nella scacchiera? | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Io, Signore sono il CUORE, il pezzo mancante alla scacchiera. Il mio compito dovrebbe essere quello di guidare tutti gli altri, ma non sempre ci riesco perché mi temono e preferiscono ignorarmi. Chissà dove li porterei… Se potessi invece giocare anch’io la mia parte, tutti gli altri pezzi saprebbero la “mossa giusta”, ma questo significherebbe affrontare la solitudine della libertà. Così, anche se tutti sanno che non sono preferibili le cipolle d’Egitto, ognuno a modo suo le desidera.
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Esodo
Signore tu che hai voluto portarmi nel deserto perché il personaggio lasciasse il posto alla persona, non lasciarmi solo adesso. Potrei perdermi e finire con il pensarmi l’unico Creatore scoprendomi al contrario pena a me stesso.
Resta con me invece come hai fatto col tuo popolo. Come hai educato Israele nel deserto così educa me nel cammino della mia verità, perché nel cuore io so dove vorrei essere ma non so come arrivarci. Sorreggi la mia insicurezza perché so che per decidere la meta bisogna essere disposti a percorrere la strada, qualunque essa sia.
Ci vorrà la conversione del cuore pronto all’amore ma soprattutto la certezza del tuo che fedelmente attende il consenso della mia libertà.
(A. R. Mazzocco, Il Cantico di Tommaso)
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Il cammino dell' amore di Dio | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Interrogai sul mio Dio la mole dell'universo, e mi rispose: Non sono io, ma è lui che mi fece. Interrogai la terra, e mi rispose: Non sono io; la medesima confessione fecero tutte le cose che si trovano in essa. Interrogai il mare, i suoi abissi e i rettili; mi risposero: Non siamo noi il tuo Dio; cerca sopra di noi. Interrogai i soffi dell'aria, e tutto il mondo aereo con i suoi abitanti mi rispose: Io non sono Dio. Interrogai il cielo, il sole, la luna, le stelle: Neppure noi siamo il Dio che cerchi, rispondono. E dissi a tutti gli esseri che circondano le porte del mio corpo: Parlatemi del mio Dio; se non lo siete voi, ditemi qualcosa di lui; ed essi esclamarono a gran voce: è lui che ci fece. Le mie domande erano la mia contemplazione; le loro risposte, la loro bellezza. Allora mi rivolsi a me stesso. Mi chiesi: Tu, chi sei?; e risposi: Un uomo. Dunque, eccomi fornito di un corpo e di un'anima, l'uno esteriore, l'altra interiore. Più prezioso l'elemento interiore poiché a lui tutti i messaggeri del corpo riferivano. Riconosci quindi in cosa consista la suprema armonia: non uscire fuori di te, ritorna in te stesso: la Verità abita nell'uomo interiore e, se troverai che la tua natura è mutevole, trascendi anche te stesso.
Santo Padre Agostino, Confessioni
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Porterò con me nello zaino... | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
«Esiste in ogni ostello un apposito spazio in cui i pellegrini affaticati lasciano scarpe, bastoni, maglioni, libri e altri oggetti pesanti...».
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Ai piedi di Gesù, presso l'eremo del Monastero, lasciamo tutto ciò che appesantisce il nostro viaggio e non ci permette di camminare speditamente alla sequela di Gesù.
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Tornare alle sorgenti |
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Eccoci finalmente alla conclusione di questo secondo anno del progetto SPV (Alla Ricerca di un Senso Per la Vita)! Dal 22 al 25 agosto si è tenuto il camposcuola, ultimo incontro di quattro che li corona tutti, che ci conferma nell’amicizia fra noi ragazzi e con le monache. E se già di per sé il campo è un’esperienza particolare, questo lo è stato in maniera speciale perché fortemente voluto da noi pochi partecipanti e perché si è tenuto a Spello!!! In questa graziosa cittadina umbra si trova il monastero di S. Maddalena, affiliato con quello di S. Caterina qui in Urbino. Così, conciliati da una cornice suggestiva e poetica, ci siamo immersi in argomenti come sempre affascinanti e come sempre tosti.. Ma, fermi tutti, quando si parte si deve scegliere accuratamente che cosa infilare nello zaino, per non rimanere schiacciati durante il cammino e contemporaneamente avere tutto il necessario! Quindi, prima di affrontare gli argomenti, abbiamo aperto e sbirciato nei nostri zaini per capire con quali paure, quali speranze, quali pregiudizi e quali desideri eravamo arrivati.. Nel bellissimo eremo del monastero abbiamo lasciato quei carichi che ci appesantivano, li abbiamo lasciati ai Suoi piedi, e abbiamo indagato dentro di noi se c’era qualcos’altro nello zaino che prima non avevamo scorto. Perché l’uomo non ha solo un grande cuore, ma anche uno piccolo e deve imparare a conciliare questi due aspetti per non rimanere paralizzato e cieco di fronte alla sua esistenza. Perché “l’uomo è un angelo che va al gabinetto” (Manenti). Questo non significa però che debba assecondare la paura, la quale spontaneamente sorge in lui quando deve compiere scelte legate ai suoi valori. Apparentemente, seguendo l’istinto di conservazione ci pare di ottenere il massimo guadagno con il minimo rischio, non vogliamo rischiare di corrompere l’immagine di noi che abbiamo. Tuttavia l’uomo, per quanto le tema, è stato creato per le grandi altezze. Per arrivarci, oltre a un buon zaino, occorre “Tornare alle sorgenti” (titolo del campo) e accettare le clausole di Dio. Ritornare alle sorgenti significa che l’uomo, una volta raggiunta l’autonomia, deve decidere a che cosa consegnare interamente la sua vita, a quale valore offrirsi: è un nostro bisogno ontologico e se non lo esaudiamo volontariamente prima o poi ci ritroveremo legati a qualcosa, o a qualcuno, schiavi delle cose o di noi stessi. Se decidiamo di rimetterci nelle mani di Dio e ritornare bambini come dice il Vangelo, basandoci perciò sulla Sua forza, dobbiamo anche accettare delle clausole. Vincolarsi ci pare qualcosa che possa turbare la nostra libertà, quell’autonomia così agognata e finalmente raggiunta quando si sfiora l’età adulta; non riusciamo a comprendere che invece solo una persona davvero libera e matura può consegnarsi anima e corpo e rimanere fedele! Inoltre, la posta in palio è alta: se la fede a un certo punto non viene così personalizzata, muore o diventa funzionale, cioè si annichilisce a un rapporto di do ut des che non può funzionare, non con un Dio che ha dato tutto per tutti sulla croce. Insomma, vi pare roba da poco e che si ascolta tutti i giorni questa qua??? Anche per noi cristiani praticanti e più o meno convinti è difficile trovare e imparare nozioni di tal genere, in cui il lato umano accompagni quello spirituale come è necessario che sia. Eppure, in questa seconda annata dell’ SPV le presenze hanno sempre teso al ribasso e ogni incontro sembrava non dover partire. E’ stato comunque un anno ricco e ogni volta mi è stato donato qualcosa di nuovo quanto fondamentale, confermandomi la validità e l’essere sotto l’egida dello Spirito Santo di questo progetto così misconosciuto. Uno dei motivi di ciò molto probabilmente sta nel nome “Progetto un monastero nella città”, in quella parola monastero che richiama una realtà, pure per noi cattolici, un po’ misteriosa e oscura da evitare per non venire adescati e risucchiati anche noi in monastero. Peccato che gli incontri siano aperti sia a ragazze che a ragazzi e che, se qualcuno ancora non l’avesse compreso, la vocazione è un dono di Dio per ciascuno di noi, il senso della nostra vita, e che si declina in diverse forme fra cui la vita consacrata. Queste monache, aderendo in pieno all’ideale del loro fondatore S . Agostino che voleva i monasteri dentro alle città, stanno seguendo un sogno e lo stanno facendo per noi che stiamo fuori. Proprio uno di noi ragazzi ha detto al termine del campo che questa è stata un’ulteriore prova del ruolo importantissimo della comunità monastica nella nostra vita, di questo gruppo di donne che temerariamente hanno accettato le clausole di Dio e condividono con noi la loro gioia, la loro esperienza, le loro conoscenze! Un altro motivo forse è la grande varietà di cammini e carismi per i credenti, e giustamente uno che ha già scelto preferisce non seguire mille cose per poi non farne bene neanche una. Però questo è un cammino che, come si può intuire già dal suo essere strutturato in quattro incontri durante l’anno, non contrasta con altri e anzi può servire da sostegno per essi come testimoniano i membri dell’Agesci e dell’ Ac che hanno partecipato. Noi già rodati non solo manteniamo la speranza ma ci metteremo tutte le nostre preghiere perché prossimamente il percorso SPV possa ripartire in grande stile!!! Non mi resta che ringraziare dal profondo del cuore tutti noi che crediamo in questa scommessa, partendo dalle monache e Rita, passando per le formidabili cuoche di questo campo Ornella e Daniela, per arrivare a noi ragazzi, a noi che non ci accontentiamo di risposte preconfezionate e sciape!
Ci rivediamo a novembre!!!!!!!
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