‹‹La
Verità deve tornare a sedurre la vita e la vita
realizzare la verità. Ciò accade quando la verità si fa vita e
viceversa››. Con questa lapidare affermazione di un suo
editoriale, Alessandro D’Avenia ci apre la mente e il cuore ad
un’infinità di riflessioni: la vita può davvero divenire un
delizioso frutto capace di nutrirmi e dissetare ogni mio
desiderio? Se dico che per assaporare la vita – e la vita in
pienezza – devo camminare nella verità, stabilisco un legame
inscindibile tra verità e vita e, di conseguenza, tra menzogna
e morte. Queste antinomie, che racchiudono il fulcro
centrale della nostra esistenza, sono anche il tema-guida di
tutto il Testo Sacro (dall’apertura della Genesi agli ultimi
versetti dell’Apocalisse), dove le troviamo singolarmente
simboleggiate dagli alberi.
Mi presento: sono l’albero di…
Dio ha pensato gli alberi, li ha creati e poi… gli sono
piaciuti così tanto che ha voluto innalzarli a simbolo. Ma
cosa – o chi –rappresentano?
Tu non sai cos’è un albero. Io ne ho visto uno che
era spuntato per caso in una casa abbandonata, un rifugio
senza finestra, ed era partito alla ricerca della luce.
Come un uomo deve essere immerso nell’aria, un pesce
nell’acqua, così un albero deve essere immerso nella luce.
Perché piantato nella terra per mezzo delle radici, piantato
nel cielo per mezzo delle fronde, è la via di scambio
fra noi e le stelle.
(A. de Saint-Exupéry, La Cittadella)
Dio ha pensato anche l’uomo e, creandolo, lo ha amato;
ha poi riempito il mondo di tante diversità di alberi affinché
l’uomo, contemplandoli, potesse sempre ricordarsi chi era
chiamato ad essere.
Nessuna storia è uguale ad un’altra come nessun albero
è uguale ad un altro, e noi siamo chiamati dal Creatore a
realizzare e a maturare quell’albero che Lui desidera che noi
siamo. In tutta la lunghezza del fusto possiamo scorrere la
nostra vita; sugli anelli interni al tronco leggere gli anni
trascorsi e comprendere come tutti gli avvenimenti che ne
hanno fatto parte costituiscono l’albero che siamo oggi. Ben
piantati con le radici nella terra della nostra umanità,
cresciamo e stendiamo i rami dirigendoci verso il cielo, verso
Dio.
Il Salmo 1 descrive l’uomo che si impegna a camminare
lungo questa via della verità-vita come un albero piantato
lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue
foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere.
Coloro che invece camminano lungo la via della menzogna-morte
sono inconsistenti come pula che il vento disperde, e la cui
via andrà in rovina. La pula (sottilissima pellicola che
riveste il chicco di grano) è talmente leggera che durante il
setaccio viene portata via dal più lieve soffio di vento:
imparagonabile alla vigorosità e robustezza dell’albero.
Antoine
de Saint-Exupéry, immensamente affascinato dalla profondità
simbolica dell’albero, afferma che esso è “la via di scambio
tra noi e le stelle”: che meravigliosa espressione per
spiegare anche l’animo umano! La parola “stelle” è racchiusa
nel termine “desiderio” (da sideris) che indica proprio il
nostro anelare verso il raggiungimento di una meta; il
viaggio per raggiungere quelle stelle alberga nel cuore di
ogni uomo: il nostro cuore è inquieto e non ha pace finché
non riposa in Te, affermava sant’Agostino. Allora la via
della verità lungo la quale dobbiamo camminare consiste
proprio nel perseguire e realizzare questo desiderio di
ri-unirci nuovamente a Dio. Dico nuovamente perché
quell’unione è già avvenuta un tempo (infatti non potremmo
desiderare qualcosa che non abbiamo già assaporato, spiega
Agostino) e nel Testo Sacro essa viene narrata proprio
attraverso due alberi, diventati gli alberi più famosi della
storia.
L’albero della vita e della morte
Dio ha piantato un giardino in Eden e vi ha collocato
l’uomo. E cosa rappresenta questo giardino se non il cuore
stesso dell’uomo? Infatti Dio gli comanda di coltivarlo e
custodirlo. Al centro di questo giardino-cuore il Creatore vi
pianta un albero, l’albero della vita, che simboleggia la
totale unione e armonia tra Dio e l’uomo, unione ancora non
contaminata dal peccato.
La Bibbia di Gerusalemme intitola il secondo capitolo
della Genesi “La prova della libertà. Il Paradiso”. Dio ci ama
veramente, e quando l’amore è vero ed incondizionato deve
lasciare all’altro la libertà di essere riamato o meno. Se la
creazione del cuore dell’uomo si fosse fermata solo all’albero
della vita, questo amore divino sarebbe stato coercitivo, e
quindi non sarebbe stato amore. Per questo a simboleggiare
questa libertà Dio pianta nel giardino anche un altro albero,
quello della conoscenza del bene e del male. “Conoscere” nella
lingua ebraica ha un significato molto più forte e profondo
rispetto a quello della nostra lingua: è utilizzato per
indicare l’unione sponsale. Il mangiare il frutto dell’albero,
poi, rappresenta questa unione in modo ancora più totalizzante
e identificativa. Quindi quando l’umanità si ribellerà a Dio e
mangerà il frutto di quell’albero, ne diverrà parte e “andrà
inevitabilmente incontro alla morte”. Prima del peccato
l’umanità aveva il suo centro vitale nell’albero della vita,
in Dio; rinnegandolo invece pone come suo centro l’albero
della morte: da teo-centrico diviene ego-centrico erigendosi a
legislatore del bene e del male. Ma essendo solo Dio la verità
e la vita, l’uomo inizia a vivere nella menzogna e ad
incamminarsi lungo la via del peccato e della sofferenza.
Egli viene così cacciato da quel giardino, e quindi
allontanato anche dall’albero della vita e dai suoi succulenti
frutti, gli unici frutti capaci di nutrire e dissetare
veramente il desiderio del suo cuore.
Il seme nuovo
“Al vincitore darò da mangiare dell’albero della vita,
che sta nel paradiso di Dio”(Ap 2,7).
Noi siamo riusciti solo a combinare guai… ed ora, tutto
è davvero perduto? Abbiamo bisogno di un Salvatore! Solo quel
Dio innamorato folle della sua creatura poteva divenirlo: per
riaprirci nuovamente il Paradiso perduto si è incarnato e si è
lasciato inchiodare all’albero della morte. E proprio grazie
alla sua donazione totale, al suo amore incondizionato per
noi, ha sconfitto la morte; e dal legno della croce è
germogliato nuovamente l’albero della vita.
Questa
salvezza ci è donata gratuitamente nel nostro battesimo. Dopo
il peccato il nostro cuore è diventato un luogo arido e
infruttuoso: con la sua morte e risurrezione Cristo ha posto
al suo centro un seme nuovo. Quel seme che desidera
ardentemente germogliare e divenire l’albero che è chiamato ad
essere. Salvati da Cristo, non ci dirigiamo più
inevitabilmente incontro alla morte, perché la morte è stata
definitivamente sconfitta: la speranza e la gioia della vita
ci è stata nuovamente donata. Ora possiamo camminare verso la
rifioritura del giardino creato da Dio, verso il luogo della
piena intimità d’amore con Lui.
Grazie a quel seme ognuno di noi è colui che si va
compiendo: il nostro impegno sia di “coltivarlo e
custodirlo” per farlo germogliare e crescere affinché possa
produrre frutti di verità per assaporare nuovamente la vita in
pienezza. E in questo nostro giardino-cuore tutti potranno
nutrirsi e dissetarsi perché amati.
Esso è il dono più prezioso ricevuto da questo strano Dio che
è Amore.
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