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Se la vita ha un senso...


Il prossimo incontro


Crescendo verso il senso



 

 


          16 - 18  gennaio 2015

 

OSARE...

un progetto di vita

 


 
 
     
 
 
Là dove nasce il vento
 


LASCIARE LA PIANURA


Svegliarsi al mattino
e cominciare un nuovo giorno
sapendo che tutto ha un senso,
mio Dio:
questo è ciò che desidero veramente
quello che pulsa nelle mie vene assetate.


No, non è il mestiere di vivere
la verità dell’uomo -
ma l’eterna nostalgia di te
è la sua bellezza.

 

E intanto cammino
per l’aspro sentiero della mia povertà
che mi costringe a restare in pianura,
dove tutto è sicuro
ma tremendamente piatto,
tutto è certo
ma senza contorni.

 
Finché tu Signore,
che non abbandoni mai la tua creatura,
non scenderai a darmi coraggio
di salire sul monte
e una volta lassù mi dirai
- io lo so -
che tu sei ancora oltre.

E sarà
su quel tratto di strada che resta
che io finalmente saprò
d’essere sulla via di casa.

 
(Dal “Il Cantico di Tommaso” di A. Rita Mazzocco)

 


 

 
 
 


 
 
Cos'è un progetto di vita?  
 
     
 

Costruire

la casa


 
 

La casa rappresenta noi stessi. La nostra persona allora deve essere costruita saldamente. Ognuno di noi ha ricevuto i materiali necessari per farlo; usarli bene vuol dire costruire un’identità armonica che sappia vivere la relazione con gli altri e con Dio.

 
 

 

  Ci vuole un progetto


Non si può costruire una casa senza avere un progetto. Si dovranno allora valutare le proprie risorse e le condizioni dell’ambiente in cui si opera; si dovrà fare i conti con i mezzi a disposizione e con i tempi; si dovranno impostare verifiche e collaudi…

Avere un progetto di vita significa poter partire dall’esistente e proiettarsi verso il futuro con la consapevolezza del passato.

 

 Prevedere gli impianti


Nel progetto vanno previsti anche gli impianti elettrici, di riscaldamento e idrici con la massima accuratezza. Saranno questi in fondo a renderla abitabile e confortevole.

 

 Le fondamenta


La nostra vita richiede sì una gestione sana, ma anche la nostra persona deve essere costruita saldamente affinché la casa non crolli.

Le sue fondamenta quindi, non solo vanno scavate in un luogo sicuro, ma devono essere anche ben solide, perché dovranno sorreggere tutto il peso dell’edificio, ma anche difenderlo dalle intemperie e dall’usura del tempo.

 

 Gestire il cantiere


Per costruire un edificio c’è bisogno di un progetto, dell’utilizzo di diversi materiali, ma anche dell’aiuto di altre persone esperte nei vari settori e capaci di lavorare insieme a noi. Il loro aiuto allora diventa prezioso per edificare la nostra casa.

 

 La porta aperta


Nessuno costruisce la propria casa per restarne prigioniero, non avrebbe senso. E’ vero che essa è il luogo dove accogliamo noi stessi e gli altri, ma è soprattutto il punto esatto da cui uscire. La porta allora deve essere sempre aperta e con le chiavi nella serratura. Solo chi ha fatto l’esperienza di sentirsi a casa è capace di avventurarsi nella vita.

 
 
     
     
 

Tutto comincia da un primo passo...

 
     
   

Per elaborare il proprio Progetto di vita è essenziale rispondere a una domanda: “ Chi sono io?


Un’operazione che non è così semplice e qualche volta neppure indolore, tuttavia bisogna incamminarsi su questa strada senza troppa paura…
Scoprire, infatti, dei lati di noi stessi che non ci piacciono non è un dramma ma un motivo per migliorare!
 

 
 
 
 

 
 

 

 

 

 


 

 

Nonna Virginia
 
 

 


 

«HO AVUTO LA FORTUNA di conoscere mia nonna ma soprattutto il dono di poterle crescere accanto. Che i nonni sono i saggi della famiglia è risaputo, ma per me nonna Virginia fu anche il mio “maestro di vita”. Da lei ho imparato la cosa più importante: distinguere le cose che valgono da quelle che valgono meno o non valgono affatto, ma soprattutto ho appreso l’arte di concretizzare gli ideali nella vita di tutti i giorni. Mi ripeteva spesso: Non serve a niente, figlio mio, strombazzare i valori dall’altare la domenica mattina, quello che conta riguarda la vita dei giorni feriali e la tua spina dorsale. È questione di fedeltà e di coerenza. Per questo non sono mai riuscito a pensare al quotidiano come ad un frammento impazzito, ma l’ho sempre ritenuto il luogo dove “pesare” me stesso. È in questa verità di me che credo d’aver incontrato Dio, verso il quale ho sempre avuto una struggente e appassionata nostalgia.

 


 

Da lei ho ereditato il desiderio di avere una vita significativa, ma soprattutto la capacità di ritrovarlo vivo in me anche nei momenti difficili e nonostante le avversità.
Come un contadino, mi ammaestrò a tenere sempre fertile la mia terra per quando il Seminatore sarebbe uscito a seminare:

 

- Tu non sai quando il buon Dio spargerà i suoi semi nella tua terra chiamandoti così a collaborare con Lui per il suo Regno, ma sarebbe un grande peccato se tu, in quel momento, ti ritrovassi altrove. Quindi cerca di restare sempre vigile e all’altezza della tua dignità di figlio di Dio.

 


 

Fu per me il come Giovanni Battista perché, come lui, seppe dispormi alla pienezza del tempo. Quando infatti il Signore mi chiamò al suo servizio, avevo già interiorizzato l’insegnamento più grande di nonna Virginia:
 

- Ricordati che nella vita non è tanto importante dove sei arrivato, quanto dove potresti arrivare se soltanto facessi un passo in più. Sii generoso figliolo, con Dio e con te stesso.

Ricordo ancora quel momento: avevo sulle ginocchia la scatola dei ricordi, che mia nonna aveva voluto fosse mia dopo la sua morte. Tenevo tra le mani il suo libro di preghiere e la vecchia chiave. Pochi oggetti di nessun valore, ma nei quali ora so che ci sono scritte le mie stesse radici perché, se oggi sono quello che sono, è tutta “colpa” di quel maestro che seppe scovare in me il desiderio di dare un senso al mio passaggio in questo mondo
».

 

 


 

 
     
 
 
 


 
 
   

La vera libertà


   
   

Signore, vorrei che tu mi insegnassi la vera libertà.

Fa' che riesca a discernere il fine, il vero senso della mia vita.

Ma, per questo, dovrei ritrovare i miei occhi di fanciullo.

 

   
   

 

Avrei bisogno di vedere

nel profondo di me stesso

qualcosa di puro che mi parli di te.

   
   

 

 

 

 

 

Qualcosa d'intatto, malgrado le scelte assurde.

Vorrei ritrovare in fondo al mio passato,

in mezzo a questo ammasso senza gioia,

quell'eterno volto che guardava la mia vita.

 

   
   

"Il Signore è qui, e io non lo sapevo" (Gn 28,16).

   
   

 

 

 

 

Essere libero, Signore, ora lo so, è volerlo.                        

   
   

 

Volere quello che tu vuoi,

amare quello che tu ami.

E quando si deve scegliere,

prendere semplicemente

quello che tu sceglieresti.

   
   

 

 

Essere libero è tentare di raggiungere

i tuoi pensieri sulla mia vita,

i tuoi progetti, i tuoi modi di vedere.

 

 
   
   

 

 

 

E confermare le mie sembianze

a quelle del tuo volto,

quel volto eterno la cui immagine è in me.

 

 

 

L. Jerphagnon

 
   
   

 

   
     
     
     
 

Io... che c’ero

 
     
     
 

, in questo caso posso dire che io c’ero! C’era anche la mia faccia da adolescente in quella dozzina di ragazzi che a fine ottobre 2011 hanno partecipato al primo incontro di “Alla ricerca di un Senso Per la Vita” (SPV), percorso formativo nato all’interno del “Progetto: un Monastero nella Città” . Da allora non mi sono mai persa un SPV, fino all’ultimo: “Osare... un progetto di vita”, 16-18 gennaio 2015.

E mi viene da sorridere. Alla grande.

Tre anni fa ho accettato di venire all’SPV, senza saper bene che cosa aspettarmi né con troppa convinzione. Ero la più piccola del gruppo, raggiungevo l’età minima richiesta. Qualcuno, non a torto, leggendo questo preambolo si domanderà sornione: “E che saranno mai tre anni?”. Risposta: nell’arco di tre anni, alla mia età, avvengono cambiamenti epocali, si invertono le orbite dei pianeti, si fanno scoppiare rivoluzioni francesi e si modificano i moti millenari degli astri che stanno in noi, si compiono le scelte per la vita. Io ho avuto l’opportunità, o meglio la grazia, di poter mettere in atto in questi tre anni gli insegnamenti assorbiti all’SPV, e di poter passare dalla prospettiva dei giovani ai “dietro le quinte” della comunità monastica che porta avanti il Progetto! Indovinato, ora sono una novizia OSA!!!

Se prima ero convintissima della validità del Progetto, ora sono pure felicissima di potermi mettere al servizio di tanti ragazzi e ragazze inquieti come lo ero (e lo sono ancora, eccome!) anche io!

Mi fa un certo effetto trovarmi ora dall’altra parte del tavolo della sala sessioni e della balaustra nella bellissima cappella del Progetto, intitolata a Maria Mater Dei. Ora il mio cuore freme e palpita non più solo per la mia vita, per il progetto e il sogno che Dio ha su di me, ma pure per quelli di tutti i ragazzi, miei coetanei suppergiù, che si affacciano alla porta a ogni incontro. Insomma, i battiti sono aumentati in maniera esponenziale, da tachicardia!

Sarà meglio però che chiarisca una cosa: di certo non sono entrata nella comunità di S. Caterina di Urbino perché circuita dal Progetto, né tantomeno perché sia l’unica maniera di contribuirvi. E non sono l’unica in comunità ad aver praticato il “salto della balaustra”: sono l’ultima di sei. Sei ragazze su centinaia e centinaia di giovani partecipanti alle svariate iniziative nella storia ventennale di questo benedetto Progetto. Se fosse nato per racimolare aspiranti monache, be’, la statistica sarebbe contro di noi. Siamo qui invece per mettere a disposizione dei laici, soprattutto ragazzi, il profondo patrimonio umano racchiuso fra i quattro muri del monastero. Ho sottolineato e messo ben in grassetto quell’aggettivo, e lo rifaccio: umano. Quando sono ripartita dopo il primo SPV, e dopo ogni incontro, non avevo solo in bocca il gusto delle risate, delle lacrime e dei momenti forti di preghiera e di confronto, delle chiacchiere la sera tardi con gli amici... No, c’era anche la sensazione di aver avuto qualcosa di solido sotto i denti, di aver ricevuto cibo “da grandi” con cui affrontare i miei sogni – quelli veri – e il mondo che mi attendeva. Così mi sono irrobustita un poco, il giusto che bastava a Qualcuno per farmi spiccare il volo: ho potuto compiere il “salto della balaustra” solo perché prima ho accettato di fare il “salto del cancellino di casa” per frequentare l’università, e altri piccoli balzelli.

Fino ad arrivare a quest’anno 2015. Ammetto che, per una volta, mi sono sentita un po’ più “preparata” all’ultimo incontro, “Osare… un progetto di vita”. E, allo stesso tempo, tremendamente più responsabile di me stessa adesso che ho scelto e intrapreso il mio sentiero, nessuna giustificazione possibile per fermarmi! Spesso mi riporto al cuore questa frase di Kafka: “Il riposo è il volo della freccia”.

Ecco che cosa è cambiato da una parte all’altra della balaustra, non si tratta solo di avere un velo in testa: ho intrapreso il mio volo, ho una bussola nel mio cuore e so su che rotta andare avanti, ho il vento nelle vele e contemporaneamente sento terra solida sotto i miei piedi. L’inquietudine che mi abita è cambiata: non è più l’irrequietezza di una senza-volto, di una che non sa come giocare la propria vita per non sprecarla; ora è l’inquietudine di chi ha assaggiato l’oggetto della promessa e ancora non può averlo al 100% ma sa che c’è, custodisce nel cuore quel gusto ed è spronato a mettere un piede davanti all’altro, con perseveranza. Una caratteristica non è mutata nella mia ricerca: ho sempre troppa fretta di andare avanti!!!

E questa fretta, questa trepidazione davvero ora la vivo anche nei confronti dei ragazzi dell’SPV, soprattutto quando ci troviamo nella cappellina: il coro delle monache si trova in fondo, poi c’è la zona per i laici e all’ingresso il tabernacolo, l’altare e  il meraviglioso crocifisso. Tra me e Lui, tra noi e Lui ci sono loro, i ragazzi, e i miei occhi che si alzano in cerca dei Suoi rapiscono e si portano dietro i loro volti.

Ora non sono più una “fra” loro, ma sempre “con “ loro, “per” loro!!!

 

Leli

 

 

 
 
 


 

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