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Là dove nasce il vento | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
LASCIARE LA PIANURA
Svegliarsi
al mattino
E
intanto
cammino
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Nonna Virginia | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
«HO AVUTO LA FORTUNA di conoscere mia nonna ma soprattutto il dono di poterle crescere accanto. Che i nonni sono i saggi della famiglia è risaputo, ma per me nonna Virginia fu anche il mio “maestro di vita”. Da lei ho imparato la cosa più importante: distinguere le cose che valgono da quelle che valgono meno o non valgono affatto, ma soprattutto ho appreso l’arte di concretizzare gli ideali nella vita di tutti i giorni. Mi ripeteva spesso: Non serve a niente, figlio mio, strombazzare i valori dall’altare la domenica mattina, quello che conta riguarda la vita dei giorni feriali e la tua spina dorsale. È questione di fedeltà e di coerenza. Per questo non sono mai riuscito a pensare al quotidiano come ad un frammento impazzito, ma l’ho sempre ritenuto il luogo dove “pesare” me stesso. È in questa verità di me che credo d’aver incontrato Dio, verso il quale ho sempre avuto una struggente e appassionata nostalgia.
Da
lei ho ereditato il desiderio di avere una vita significativa,
ma soprattutto la capacità di ritrovarlo vivo in me anche nei
momenti difficili e nonostante le avversità.
- Tu non sai quando il buon Dio spargerà i suoi semi nella tua terra chiamandoti così a collaborare con Lui per il suo Regno, ma sarebbe un grande peccato se tu, in quel momento, ti ritrovassi altrove. Quindi cerca di restare sempre vigile e all’altezza della tua dignità di figlio di Dio.
Fu
per me il come Giovanni Battista perché, come lui, seppe
dispormi alla pienezza del tempo. Quando infatti il Signore mi
chiamò al suo servizio, avevo già interiorizzato
l’insegnamento più grande di nonna Virginia:
-
Ricordati che nella vita non è tanto importante dove sei
arrivato, quanto dove potresti arrivare se soltanto facessi
un passo in più. Sii generoso figliolo, con Dio e con te
stesso.
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La vera libertà |
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Signore, vorrei che tu mi insegnassi la vera libertà. Fa' che riesca a discernere il fine, il vero senso della mia vita. Ma, per questo, dovrei ritrovare i miei occhi di fanciullo.
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Avrei bisogno di vedere nel profondo di me stesso qualcosa di puro che mi parli di te. |
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Qualcosa d'intatto, malgrado le scelte assurde. Vorrei ritrovare in fondo al mio passato, in mezzo a questo ammasso senza gioia, quell'eterno volto che guardava la mia vita.
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"Il Signore è qui, e io non lo sapevo" (Gn 28,16). |
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Essere libero, Signore, ora lo so, è volerlo. |
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Volere quello che tu vuoi, amare quello che tu ami. E quando si deve scegliere, prendere semplicemente quello che tu sceglieresti. |
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Essere libero è tentare di raggiungere i tuoi pensieri sulla mia vita, i tuoi progetti, i tuoi modi di vedere.
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E confermare le mie sembianze a quelle del tuo volto, quel volto eterno la cui immagine è in me.
L. Jerphagnon |
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Io... che c’ero |
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Sì, in questo caso posso dire che io c’ero! C’era anche la mia faccia da adolescente in quella dozzina di ragazzi che a fine ottobre 2011 hanno partecipato al primo incontro di “Alla ricerca di un Senso Per la Vita” (SPV), percorso formativo nato all’interno del “Progetto: un Monastero nella Città” . Da allora non mi sono mai persa un SPV, fino all’ultimo: “Osare... un progetto di vita”, 16-18 gennaio 2015. E mi viene da sorridere. Alla grande.
Tre anni fa ho accettato di venire all’SPV, senza saper bene che cosa aspettarmi né con troppa convinzione. Ero la più piccola del gruppo, raggiungevo l’età minima richiesta. Qualcuno, non a torto, leggendo questo preambolo si domanderà sornione: “E che saranno mai tre anni?”. Risposta: nell’arco di tre anni, alla mia età, avvengono cambiamenti epocali, si invertono le orbite dei pianeti, si fanno scoppiare rivoluzioni francesi e si modificano i moti millenari degli astri che stanno in noi, si compiono le scelte per la vita. Io ho avuto l’opportunità, o meglio la grazia, di poter mettere in atto in questi tre anni gli insegnamenti assorbiti all’SPV, e di poter passare dalla prospettiva dei giovani ai “dietro le quinte” della comunità monastica che porta avanti il Progetto! Indovinato, ora sono una novizia OSA!!! Se prima ero convintissima della validità del Progetto, ora sono pure felicissima di potermi mettere al servizio di tanti ragazzi e ragazze inquieti come lo ero (e lo sono ancora, eccome!) anche io! Mi fa un certo effetto trovarmi ora dall’altra parte del tavolo della sala sessioni e della balaustra nella bellissima cappella del Progetto, intitolata a Maria Mater Dei. Ora il mio cuore freme e palpita non più solo per la mia vita, per il progetto e il sogno che Dio ha su di me, ma pure per quelli di tutti i ragazzi, miei coetanei suppergiù, che si affacciano alla porta a ogni incontro. Insomma, i battiti sono aumentati in maniera esponenziale, da tachicardia! Sarà meglio però che chiarisca una cosa: di certo non sono entrata nella comunità di S. Caterina di Urbino perché circuita dal Progetto, né tantomeno perché sia l’unica maniera di contribuirvi. E non sono l’unica in comunità ad aver praticato il “salto della balaustra”: sono l’ultima di sei. Sei ragazze su centinaia e centinaia di giovani partecipanti alle svariate iniziative nella storia ventennale di questo benedetto Progetto. Se fosse nato per racimolare aspiranti monache, be’, la statistica sarebbe contro di noi. Siamo qui invece per mettere a disposizione dei laici, soprattutto ragazzi, il profondo patrimonio umano racchiuso fra i quattro muri del monastero. Ho sottolineato e messo ben in grassetto quell’aggettivo, e lo rifaccio: umano. Quando sono ripartita dopo il primo SPV, e dopo ogni incontro, non avevo solo in bocca il gusto delle risate, delle lacrime e dei momenti forti di preghiera e di confronto, delle chiacchiere la sera tardi con gli amici... No, c’era anche la sensazione di aver avuto qualcosa di solido sotto i denti, di aver ricevuto cibo “da grandi” con cui affrontare i miei sogni – quelli veri – e il mondo che mi attendeva. Così mi sono irrobustita un poco, il giusto che bastava a Qualcuno per farmi spiccare il volo: ho potuto compiere il “salto della balaustra” solo perché prima ho accettato di fare il “salto del cancellino di casa” per frequentare l’università, e altri piccoli balzelli. Fino ad arrivare a quest’anno 2015. Ammetto che, per una volta, mi sono sentita un po’ più “preparata” all’ultimo incontro, “Osare… un progetto di vita”. E, allo stesso tempo, tremendamente più responsabile di me stessa adesso che ho scelto e intrapreso il mio sentiero, nessuna giustificazione possibile per fermarmi! Spesso mi riporto al cuore questa frase di Kafka: “Il riposo è il volo della freccia”. Ecco che cosa è cambiato da una parte all’altra della balaustra, non si tratta solo di avere un velo in testa: ho intrapreso il mio volo, ho una bussola nel mio cuore e so su che rotta andare avanti, ho il vento nelle vele e contemporaneamente sento terra solida sotto i miei piedi. L’inquietudine che mi abita è cambiata: non è più l’irrequietezza di una senza-volto, di una che non sa come giocare la propria vita per non sprecarla; ora è l’inquietudine di chi ha assaggiato l’oggetto della promessa e ancora non può averlo al 100% ma sa che c’è, custodisce nel cuore quel gusto ed è spronato a mettere un piede davanti all’altro, con perseveranza. Una caratteristica non è mutata nella mia ricerca: ho sempre troppa fretta di andare avanti!!! E questa fretta, questa trepidazione davvero ora la vivo anche nei confronti dei ragazzi dell’SPV, soprattutto quando ci troviamo nella cappellina: il coro delle monache si trova in fondo, poi c’è la zona per i laici e all’ingresso il tabernacolo, l’altare e il meraviglioso crocifisso. Tra me e Lui, tra noi e Lui ci sono loro, i ragazzi, e i miei occhi che si alzano in cerca dei Suoi rapiscono e si portano dietro i loro volti. Ora non sono più una “fra” loro, ma sempre “con “ loro, “per” loro!!!
Leli
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