È
il dieci maggio e l’ultimo sole del pomeriggio accarezza
obliquo le strette vie di Urbino, quando, dalle porte del
Monastero di Santa Caterina d’Alessandria, iniziano ad
uscire strani giovani pellegrini. Hanno valigie e zaini più
o meno voluminosi da cui traboccano indistintamente quaderni
o cellulari, chitarre e altri strumenti non meglio
identificabili, ma li distingue un bastone, che sorregge un
piccolo sacco, e un comune radioso sorriso nonostante gli
occhi stanchi di chi ha vegliato.
Sono i ragazzi del “Senso Per la Vita” che periodicamente
si incontrano per condividere gli entusiasmi e le fatiche
di chi ha scelto di non navigare a vista nell’avventura
della vita, ma di osare se stesso per assaporare davvero
il gusto inconfondibile di un’esistenza piena.
Stanno tornando alle loro case dopo un finesettimana
impegnativo ma arricchente, condotto dall’agrodolce voce di
Rita e dalla spumeggiante vitalità di un gruppo di monache.
Sono
stati giorni intensi di approfondimenti, di riflessioni
condivise, di preghiera, ma anche di più o meno silenziose
chiacchierate notturne, di non sempre intonati canti a
squarciagola e di luculliani pasti, con conseguente rischio
di pennichella postmeridiana nel bel mezzo della meditazione
personale.
Il
tema, osare la fede, anche questa volta li ha messi a dura
prova, ma le parole che sono echeggiate durante gli incontri
aprono al desiderio di andare oltre per abbracciare
un’esperienza che coinvolge nell’interezza.
È
questo che rende l’avventura nella fede davvero
sorprendente, perché si impadronisce non solo della nostra
parte razionale, ma, come dice A. Louf, «di tutto il nostro
essere.
Ne
usciamo rimpiccioliti e, per così dire, come sperduti.
Piccoli nei confronti di noi stessi, degli altri e di Dio,
eppure mai schiacciati, anzi, liberati ad opera di questa
illimitata fiducia in Lui».
Nella fede non ci viene chiesto di superare la nostra
umanità, (ne è testimonianza lo stesso Gesù che è vissuto
nella storia), ma di
cambiare lo sguardo, sugli
altri e su noi stessi.
Benché
ciò risponda alle più alte aspirazioni dell’uomo,
perché
permette di agire in modo autentico,
affrancandoci
dai condizionamenti che spesso ci limitano e irrigidiscono,
questo salto può fare paura.
Anche
Abramo
ha imparato a fidarsi un passo alla volta. Si è così
staccato a poco a poco dalle sue sicurezze e ha accolto
con un “sì”
le richieste di Dio, perfino quelle apparentemente
irragionevoli.
ma,
abbandonando il buio in cui viveva, ha alzato lo sguardo
alle stelle che Dio gli mostrava
e ha conosciuto la
lucentezza delle Sue promesse.
In questo cammino il Padre non lo ha mai abbandonato, gli ha
conferito un compito arduo, ma rispondente ai suoi più alti
desideri, scommettendo sulla sua piccolezza, come ogni
giorno scommette su di noi e sulla nostra fragilità.
Questo è il modo di agire di Dio, un agire che richiede un
cuore passivo, disposto a lasciarsi conquistare, ma
soprattutto un cuore che accetti di osare e sappia dare
risposte libere.
La strada sembra ardua, ma, proprio per l’altezza della
sfida, può e deve essere tentata.
Ecco allora i giovani Abramo del “Senso Per la Vita” che con
il loro bastone, abbandonata la zavorra delle false
sicurezze e delle rassicuranti abitudini, tentano di fidarsi
per trovare ciò che è il loro “abbastanza”, il centro e il
senso della loro vita.
Inciampano e inciamperanno, le resistenze sono forti e
superarle richiede una totale conversione, uno sguardo altro
e una cura perseverante.
Talvolta si vorrebbe indugiare, tornare indietro o fermarsi
un poco al riparo di qualche solida vecchia certezza, ma il
desiderio è stato in loro instillato, li chiama con voce
forte e loro si sono già messi in cammino.
Alessandra
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