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Se la vita ha un senso...


Il prossimo incontro


Crescendo verso il senso



 

 


          29 - 31  gennaio 2016



 

Pedalando...

incontro al sole

 


 
 
     


 
 
La primavera dei rincitrulluliti

 

 









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Il corso SPV 2015-16 ha ormai varato la metà dell’anno. Abbiamo imparato che ad amare si impara, che l’amore non è faccenda automatica ma qualcosa da far crescere… e allora a marzo, al ritorno della primavera, non si poteva che trattare dell’innamoramento, la prima fase di ogni amore!
Tutti abbiamo sicuramente visto Bambi e ci ricordiamo che cosa vuol dire “rincitrullululiti”, e di certo la maggior parte di noi ha anche già avuto la grazia di diventarlo almeno una volta… Quanti sono consapevoli, invece, che l’innamoramento non è solo questione di cipcip, stormi di farfalle nello stomaco e neuroni che saltano come tante lampadine di Natale dopo uno sbalzo di corrente, ma è essenzialmente proiezione e idealizzazione? In termini più profani: noi non ci innamoriamo dell’altro per come è, né riusciamo a vederlo quale è, bensì lo vediamo come vogliamo noi, espungendo qualsiasi difetto e imperfezione, secondo l’ideale dell’io che ci portiamo dentro. Inoltre, noi gli mandiamo l’immagine di come vorremmo essere concepiti, e l’altro si comporta in modo da rimandarci proprio quell’immagine.

                                              

           


                                               


 




Lo so, sembra di vivisezionare l’amore così, di farne una diagnosi clinica sterile e cinica… In effetti, però, l’innamoramento è una patologia, ed è la più meravigliosa che possiamo contrarre. E’ anche l’unica da cui uno non vorrebbe guarire ma guai se così non fosse! Deve degenerare in amore, non rimanere a quel primo stadio. E a proposito, chi se lo immaginava che infatuazione e colpo di fulmine fossero due cose diverse? Che la prima si possa provare anche verso un oggetto o un’arte, mentre il secondo solo per un tu persona? Entrambi sono comunque l’anticamera dell’innamoramento, entrambi sono involontari.





Se innamorarsi è come prendere un virus, dipende però da noi come affrontarlo. In primis, perché non è scontato che ci si invaghisca della persona giusta, né che l’altro ricambi nonostante tutti i funambolismi e follie che possiamo compiere per conquistarlo; in seconda battuta, perché a un certo punto le farfalle sciameranno e sfumeranno e toccherà al nostro cuore e alla nostra mente decidere di continuare a costruire il rapporto, di trasformarlo in amore vero.




Come avviene questo?

Innanzitutto, ci deve essere lo stupore, la meraviglia per il dono inaspettato di un tu che non si potrà mai possedere e che improvvisamente si è rivelato distinto da tutto il resto del mondo; poi l’affinità, il sentire che io e te abbiamo qualcosa in comune; infine, si fa largo il desiderio, il volere viscerale che tu sia sempre con me, il volerlo conoscere l’altro fino nelle sue viscere, il voler stare insieme per sempre: è l’affermazione dell’immortalità dell’altro dentro di noi. E’ quello che comunica la Volpe al Piccolo Principe al momento del distacco: lui sarà sempre in lei, e i campi di grano glielo renderanno presente. E’ vero che l’essenziale è invisibile agli occhi, ma è altrettanto vero che l’amore trasfigura la vita e la realtà: ogni cosa, ogni evento, ogni incontro, anche quello apparentemente più banale, persino il dolore, viene concepito e letto solo alla luce di quel rapporto. Allora, il colore del grano diventa pieno, più acceso, la sua bellezza ha un perché. Sapete qual è la fase in cui avviene questa trasfigurazione, questo potenziamento di sensibilità? Si chiama corteggiamento, una cosa da molto dimenticata, e che vuol dire “creare dei legami”, ci spiegherebbe la Volpe. Si tratta del tempo del fidanzamento, oggi bruciato o annacquato a dismisura.



E Dio, c’entra qualcosa in tutto ‘sto casino?


Sì, forse anche perché è l’Innamorato più matto mai visto in tutta la storia dell’umanità! Ogni innamoramento, perciò, è una benedizione che viene da Lui, perché ci regala l’altro e un surplus di umanità.



Personalmente, la veglia di questo incontro mi ha chiarito una frase di Gibran che mi ronzava dentro da anni senza mai riuscire a digerirla del tutto: Quando amate non dovreste dire, “ Dio è nel mio cuore”, ma piuttosto, “Io sono nel cuore di Dio”. Infatti, dopo aver rivissuto l’ultima cena di Gesù, ci è stato detto di entrare in cappellina passando attraverso una tenda su cui c’era la scritta: “Tu”. Dall’altro lato, ci siamo ritrovati, letteralmente, faccia a faccia con Lui, a pochi centimetri dal Santissimo Sacramento esposto: siamo penetrati, uno alla volta, nel Tu di Dio.

Ed è stato sconvolgente, da mozzare il fiato, proprio come un colpo di fulmine!


                                          

Dopo tutte le spiegazioni teoriche e psicologiche,

a me non è passata affatto la poesia, anzi, è venuta una gran voglia di essere un’ innamorata impertinente, a vita, come disse padre Carretto! Ed è l’augurio che faccio a tutti noi giovani dell’SPV, e non solo!




Un primaverile saluto da tutti noi dell'Spv... rincitrulluliti! :)













 

 
 



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