ù
Il
corso SPV 2015-16 ha ormai varato la metà dell’anno. Abbiamo
imparato che ad amare si impara, che l’amore non è faccenda
automatica ma qualcosa da far crescere… e allora a marzo, al
ritorno della primavera, non si poteva che trattare
dell’innamoramento, la prima fase di ogni amore!
Tutti abbiamo sicuramente visto Bambi e ci ricordiamo che
cosa vuol dire “rincitrullululiti”,
e di certo la maggior parte di noi ha anche già avuto la
grazia di diventarlo almeno una volta… Quanti sono
consapevoli, invece, che l’innamoramento non è solo
questione di cipcip, stormi di farfalle nello stomaco e
neuroni che saltano come tante lampadine di Natale dopo uno
sbalzo di corrente, ma è essenzialmente proiezione e
idealizzazione? In termini più profani: noi non ci
innamoriamo dell’altro per come è, né riusciamo a vederlo
quale è, bensì lo vediamo come vogliamo noi, espungendo
qualsiasi difetto e imperfezione, secondo l’ideale dell’io
che ci portiamo dentro. Inoltre, noi gli mandiamo l’immagine
di come vorremmo essere concepiti, e l’altro si comporta in
modo da rimandarci proprio quell’immagine.
Lo
so, sembra di vivisezionare l’amore così, di farne una
diagnosi clinica sterile e cinica… In effetti, però,
l’innamoramento è una patologia, ed è la più meravigliosa
che possiamo contrarre. E’ anche l’unica da cui uno non
vorrebbe guarire ma guai se così non fosse! Deve degenerare
in amore, non rimanere a quel primo stadio. E a proposito,
chi se lo immaginava che infatuazione e colpo di fulmine
fossero due cose diverse? Che la prima si possa provare
anche verso un oggetto o un’arte, mentre il secondo solo per
un tu persona? Entrambi sono comunque l’anticamera
dell’innamoramento, entrambi sono involontari.
Se
innamorarsi è come prendere un virus, dipende però da noi
come affrontarlo. In primis, perché non è scontato che ci si
invaghisca della persona giusta, né che l’altro ricambi
nonostante tutti i funambolismi e follie che possiamo
compiere per conquistarlo; in seconda battuta, perché a un
certo punto le farfalle sciameranno e sfumeranno e toccherà
al nostro cuore e alla nostra mente decidere di continuare a
costruire il rapporto, di trasformarlo in amore vero.
Come
avviene questo?
Innanzitutto,
ci deve essere lo stupore, la meraviglia per il dono
inaspettato di un tu che non si potrà mai possedere e che
improvvisamente si è rivelato distinto da tutto il resto del
mondo; poi l’affinità, il sentire che io e te abbiamo
qualcosa in comune; infine, si fa largo il desiderio, il
volere viscerale che tu sia sempre con me, il volerlo
conoscere l’altro fino nelle sue viscere, il voler stare
insieme per sempre: è l’affermazione dell’immortalità
dell’altro dentro di noi.
E’ quello che comunica la Volpe al Piccolo Principe al
momento del distacco: lui sarà sempre in lei, e i campi di
grano glielo renderanno presente. E’ vero che l’essenziale è
invisibile agli
occhi,
ma è altrettanto vero che l’amore trasfigura la vita e la
realtà: ogni cosa, ogni evento, ogni incontro, anche quello
apparentemente più banale, persino il dolore, viene concepito
e letto solo alla luce di quel rapporto. Allora, il colore
del grano diventa pieno, più acceso, la sua bellezza ha un
perché. Sapete qual è la fase in cui avviene questa
trasfigurazione, questo potenziamento di sensibilità? Si
chiama corteggiamento, una cosa da molto dimenticata, e che
vuol dire “creare dei legami”, ci spiegherebbe la Volpe. Si
tratta
del tempo del fidanzamento, oggi bruciato o annacquato a
dismisura.
E
Dio, c’entra qualcosa in tutto ‘sto casino?
Sì,
forse anche perché è l’Innamorato più matto mai visto in
tutta la storia dell’umanità! Ogni innamoramento, perciò, è
una benedizione che viene da Lui, perché ci regala l’altro e
un surplus di umanità.
Personalmente,
la veglia di
questo incontro mi ha chiarito una frase di Gibran che mi
ronzava dentro da anni senza mai riuscire a digerirla del
tutto: Quando amate non dovreste dire, “ Dio è nel mio
cuore”, ma piuttosto, “Io sono nel cuore di Dio”. Infatti,
dopo aver rivissuto l’ultima cena di Gesù, ci è stato detto
di entrare in cappellina passando attraverso una tenda su
cui c’era la scritta: “Tu”. Dall’altro lato, ci siamo
ritrovati, letteralmente, faccia a faccia con Lui, a pochi
centimetri dal Santissimo Sacramento esposto: siamo
penetrati, uno alla volta, nel Tu di Dio.
Ed
è stato sconvolgente, da mozzare il fiato, proprio come un
colpo di fulmine!
Dopo tutte le spiegazioni teoriche e psicologiche,
a
me non è passata affatto la poesia, anzi, è venuta una gran
voglia di essere un’ innamorata impertinente, a vita, come
disse padre Carretto! Ed è l’augurio che faccio a tutti noi
giovani dell’SPV, e non solo!
Un
primaverile saluto da tutti noi dell'Spv... rincitrulluliti!
:)
|