Home Page

   
 

I nostri temi




Vocazione


Catechismo


Teologia


S. Scrittura


Spiritualità

Accompagnati

nella vita spirituale


Spiritualità

Il desiderio



 

 

 

 

 

 

   
 
 

Spiritualità

 

 

Accompagnati

nella vita spirituale

 

 

di suor Maria Lucia

 
 
  1. L'accompagnamento spirituale

  2. Dirigere o accompagnare?

 
 
 

 


«La vita spirituale è la vita nello Spirito Santo, è l’arte di riconoscere e lasciar fruttificare la sua presenza in noi.

Non si tratta di una vita astratta, ma di un modo concreto di vivere che determina tutta l’esistenza. È il modo di vivere la vita così come l’ha vissuta Gesù: in questo consiste l’opera dello Spirito Santo in noi, facendoci passare dall’incredulità alla fede. Da questo punto di vista, per evitare ogni confusione o sovrapposizione, occorre ricordare che la prima guida del cuore dell’uomo è quella dello Spirito.

A questa singolare guida ciascuno è chiamato a corrispondere, prestando attenzione ai suoi gemiti inesprimibili che invitano a riconoscere la signoria di Gesù e la paternità divina. In tal modo viene precisata l’opera di una guida, di un accompagnatore spirituale: è l’aiuto, in termini della conoscenza dell’agire di Dio, di discernimento del proprio cuore e dei propri sentimenti, da parte di chi collabora a questa azione fondamentale dello Spirito lasciando, tuttavia, a Lui e alla singola persona il suo primato.  In questo senso la tradizione spirituale ha sempre ritrovato nel tema della paternità un carattere insuperabile di ogni guida spirituale. Il senso vero della paternità, infatti, al di là della crisi in cui oggi questa figura vive […] è quello di dare la vita, di comunicare spirito, spesso più con la testimonianza complessiva di un’esistenza che non con il solo insegnamento. In tal modo a ciascuno è offerto lo spazio necessario perché sia se stesso, nella libertà, perché si senta figlio amato».                                      

A. B.


 
 

L'accompagnamento spirituale

- Un percorso guidato -

 

Con questo articolo iniziamo un itinerario di conoscenza di quella pratica, molto consolidata nel Cristianesimo, che è l’accompagnamento spirituale, affermata fin dai tempi di Gesù.

Molti si chiederanno di che cosa si tratti e lo spieghiamo subito: l’accompagnamento spirituale (AS) ha lo scopo di promuovere nel cristiano un processo di maturazione interiore, spirituale ed umano che aiuti la persona a vivere sempre più e meglio i valori del Vangelo e la Parola di Dio.

È la classica “direzione spirituale” tanto praticata fin dagli albori del Cristianesimo. Vedremo in seguito nei termini e nelle diverse accezioni quale significato possiede tale pratica e perché si chiama in modi differenti, pur essendo – sostanzialmente – la stessa cosa.

 

 

La vita come cammino

 

Tutta la vita dell’uomo è un cammino per diventare in pienezza quello che si è in germe alla nascita. Ciascuno di noi è chiamato a percorrere le tappe che scandiscono l’arco della vita: infanzia, fanciullezza, adolescenza, giovinezza, età adulta, vecchiaia. Saltare una di queste tappe in modo anomalo non è certo cosa da augurarsi: tutti abbiamo bisogno di crescere armonicamente, e il  non aver vissuto – per esempio – la fanciullezza perché costretti ad occuparci di cose da grandi, lascia sicuramente un vuoto che il tempo reclamerà essere colmato. In questo itinerario già segnato per ogni uomo, l’adulto si è sempre fatto carico del compito di accompagnare, guidare, educare la crescita fino alla maturità, facendo da guida nel sentiero della vita.

 

Anche la storia della salvezza, così come ce la presenta la Bibbia, è un cammino costituito da tappe progressive e consequenziali che conducono a realizzare pienamente il disegno di Dio; così la storia del popolo d’Israele è un percorso guidato a partire dall’iniziativa di Dio che chiama prima Abramo, poi i Patriarchi, il popolo ed oggi la Chiesa e ciascun fedele, a camminare verso la salvezza, cadenzando il passo con la luce dello Spirito Santo.

Un cristiano che vuole “fare sul serio” e farsi carico intensamente del proprio cammino di santità, si dirige verso l’accompagnamento spirituale, cerca un accompagnatore o accompagnatrice adatto a sé che sia autorevole in santità di vita ed esperto nelle vie dello spirito. Se io cammino da solo corro sempre dei rischi e mi posso perdere nel mare magnum delle possibilità che mi si offrono per compiere questo itinerario; operare le scelte della vita da solo, inoltre, potrebbe farmi incappare nel laccio di un discernimento ingannevole, di sbagliare visuale nel decidere e scegliere ciò che è più adatto al mio spirito, alla mia storia di vita, alla mia persona. È opportuno che io mi faccia accompagnare da un fratello o sorella più esperto nel cammino e che riscuota la mia fiducia. Per ciascuno, infatti, Dio ha un disegno di santità diverso e irripetibile. Guardiamo per esempio ai santi: ognuno è diverso dall’altro, s. Agostino non è la b.ta M. Teresa di Calcutta, eppure entrambi fanno parte dell’immenso firmamento dei santi, dove splendono di una luce unica.

 

C’è una Parola di Dio che ci fa capire bene che cosa è l’accompagnamento: è il passo del libro di Tobia (5, 3b), in cui l’arcangelo Raffaele, dovendolo accompagnare per un lungo viaggio, afferma: Sì, posso accompagnarlo, conosco tutte le strade (Tb 5, 10b). Questo brano ci suggerisce che nel cammino della vita abbiamo bisogno di qualcuno che ci cammini a fianco, ci sostenga, ci accompagni dal momento che costui conosce tutte le strade perché le ha già percorse e nella sua esperienza è capace di guidare altri per la loro strada (a questo proposito confronta l’articolo Al passo degli uomini di questo numero).

Fra l’accompagnatore e l’accompagnato è necessario che si stabilisca una relazione; colui che guida deve disporsi all’ascolto profondo e attento della persona che guida, la quale - da parte sua - deve aprirsi all’azione dello Spirito Santo, che è il protagonista principale dell’accompagnamento. Nel dialogo si chiariscono dubbi, si fanno verifiche di vita e questo è importante, perché nel cammino spirituale è molto pericoloso verificarsi da soli, si rischierebbe di parlarsi addosso perché il guidato non ha gli occhi limpidi e distaccati da sé per giudicarsi, mentre un altro ci aiuterà a cogliere e capire l’azione dello Spirito nel nostro cuore.

 

 

Il criterio della compagnia

 

Dunque nessuno può essere maestro di se stesso, specialmente nella fede che ha bisogno di essere condivisa. Gesù stesso ci indica questo criterio della compagnia fondando una comunità di discepoli che “stessero con lui” e condividessero la sua vita. Fin dall’inizio della sua azione apostolica, Cristo instaura il sistema della compagnia, della relazione e dell’amicizia. Egli sa benissimo che al di fuori di una relazione affettivamente significativa non esiste comunicazione profonda, così dimostra la sua amicizia verso gli apostoli istruendoli con pazienza, dolcezza e premura. Non rinnega la sua amicizia anche se questi sono spesso gretti, litigiosi, desiderosi dei primi posti, duri a capire; anche nell’ora del tradimento continua a chiamarli amici. Così anche la Chiesa primitiva è fondata sul criterio della compagnia e dell’amicizia; la Chiesa è una comunità dove i cristiani vivono fraternamente, insieme pregano, ascoltano la parola, celebrano l’Eucaristia, condividono i beni e la fede.

La fede ha bisogno di essere raccontata in un clima di reciproca accoglienza e condivisione, sia a livello comunitario che personale. Ci sono tanti oggi, specialmente fra i giovani, che desiderano intraprendere un cammino di accompagnamento spirituale, ma che difficilmente trovano sacerdoti o laici disponibili a compiere questo altissimo ministero.

 

 

Qual è lo scopo dell’accompagnamento spirituale?

 

Lo scopo principale di questo servizio è di facilitare la relazione con Dio, riconoscere la Sua Volontà su di noi e compierla; è un aiuto efficace perché la potenza del Battesimo possa svilupparsi in tutta la sua pienezza nella vita del credente e permettere al seme di vita nuova, ricevuto con il sacramento, di dare molto frutto. È un aiuto efficace per tutti e non solo per certe categorie di persone (sacerdoti, religiosi etc.) come un tempo si riteneva; l’AS è per tutti, per poter vivere in modo più radicale il cammino di santificazione personale. Con l’AS si vuole prendere sul serio la propria vita e intraprendere un cammino impegnato e forte verso la santità della propria vocazione, affidandosi fiduciosi ad un altro che si fa compagno (panis cum), cioè che condivide il pane del cammino e procede al mio fianco come guida esperta ed autorevole.

Se l’AS si confondesse con una semplice amicizia, un rapporto di colloquio su argomenti diversi e forse futili, con uno scambio di consigli spirituali e incoraggianti saremmo fuori dalla verità dell’accompagnamento spirituale; tantomeno se si tramutasse in colloquio terapeutico dallo psicologo o, diversamente, in una confessione dei peccati.

L’intento unico è la relazione personale, cosciente e affettiva con Dio, vissuta nello Spirito Santo; questo ministero si pone fra Dio e l’anima per un aiuto verso la pienezza della vita cristiana e non ha altri scopi se non questo.

 

 

Anno XVII - 2012 n°1


 

Dirigere o accompagnare?

- Dalla parte della guida spirituale -

 

Come il cammino della crescita umana conosce le sue tappe ed i suoi traguardi, così anche quello della crescita nella fede è un percorso caratterizzato da tappe e dinamiche oggettive di crescita, rivelate dalla Parola di Dio e formulate dalla tradizione della Chiesa, le quali sono normativa per ogni credente, anche se poi ognuno è chiamato a viverle in modo unico e personale.

L’itinerario di crescita da seguire, dunque (e di cui parleremo prossimamente) e il ruolo che possiede la guida spirituale si richiamano a vicenda, perché l’accompagnatore deve comunque farvi riferimento e  il suo è un servizio alla persona guidata.

Ma in che cosa consiste più precisamente il ruolo della guida? Di che tipo di “presenza” si tratta?

 

Nella tradizione cristiana, i termini usati per indicare questo servizio sono stati: padre spirituale, direttore, guida spirituale. Negli ultimi decenni a questi si sono aggiunti altri nomi: consigliere spirituale e, in particolare, accompagnatore spirituale. Quest’ultimo appellativo ha avuto molta fortuna, forse perché il significato richiama una presenza discreta, amica ed esperta e posta al fianco della persona. La “direzione spirituale” invece è termine che evoca più una figura che tiene le redini della relazione spirituale, che direziona appunto e gestisce, come meglio pensa, la vita dell’altro. Questo ultimo termine, che comunque porta con sé secoli di tradizione nella storia della Chiesa, di cognizione vissuta, di patrimonio avvalorato dall’esperienza, oggi lo si preferisce attribuire più ad una prerogativa propria dello Spirito Santo, che ha l’infinita capacità di dirigere tutto l’apparato spirituale della persona e, di conseguenza, anche le relazioni di accompagnamento.

 

Accompagnare spiritualmente le persone significa innanzi tutto aiutare a prendere coscienza che dentro di noi c’è una vita intima - la vita interiore - che si muove ed agisce troppo spesso a nostra insaputa. È il nostro essere figli di Dio, animati dall’azione dello Spirito Santo che è stato riversato nei nostri cuori (Rm 5, 5); è la presenza in noi delle tre Persone divine: la Ss.ma Trinità. Persegue la finalità, dunque, di promuovere un processo di maturazione della vita cristiana in noi, di rendere viva la vita battesimale (con il suo carico di virtù e doni infusi nel sacramento) e di tendere in definitiva alla santità.

L’accompagnamento spirituale è una relazione fra la guida e colui che è guidato vissuta sotto la protezione dello Spirito. Occorrono quindi tutti gli ingredienti di una relazione, di una comunicazione significativa: accoglienza, ascolto, serietà, profondità, corporeità, silenzio e contesto adeguato. Occorrono i contenuti ma anche i gesti, verbali e non, l’affetto sincero. In questa relazione entrambe le persone - accompagnatore e accompagnato - vivono l’obbedienza al Signore, cercano la sua Parola e il suo volere, domandano luce e verità da Dio. È un ascoltare insieme la voce dello Spirito che opera nel cuore dell’uomo e che lo educa, lo ammaestra secondo il progetto di comunione con Dio.

L’antico adagio di un monaco ortodosso recita: «Tu non riesci a vedere nei tuoi occhi, per conoscerti hai bisogno dello sguardo di un altro» e quest’ “altro” è l’accompagnatore, la guida spirituale. Un altro che ti vede vivere, che sa e conosce le motivazioni vere delle scelte che operi; l’altro al quale apri il tuo cuore con sincerità e verità, l’altro che sa leggere nelle pieghe nascoste della tua interiorità, davanti al quale non provi vergogna nel mostrarti come in verità sei, l’altro sul cui amore puoi sempre contare. Con l’accompagnatore si instaura così la relazione spirituale, cioè nello Spirito Santo che rimane sempre l’agente primo della relazione. È Lui il maestro interiore, che suggerisce e consola, ammaestra e guarisce.

Dice molto bene s. Agostino, nel Commento alla prima lettera di s. Giovanni 3, 13:

 

Il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero maestro sta dentro… Per quel che mi compete, io ho parlato a tutti; ma coloro dentro i quali non parla l’unzione dello Spirito, quelli che lo Spirito non istruisce internamente, se ne vanno via senza aver nulla appreso. L'ammaestramento esterno è soltanto un ammonimento, un aiuto. Colui che ammaestra i cuori ha la sua cattedra in cielo. Egli perciò dice nel Vangelo: Non vogliate farvi chiamare maestri sulla terra: uno solo è il vostro maestro: Cristo (Mt 23, 8-9). Sia lui dunque a parlare dentro di voi, perché lì non può esservi alcun maestro umano. Se qualcuno può mettersi al tuo fianco, nessuno può stare nel tuo cuore. Nessuno dunque vi stia; Cristo invece rimanga nel tuo cuore; vi resti la sua unzione, perché il tuo cuore assetato non rimanga solo e manchi delle sorgenti necessarie ad irrigarlo. È dunque interiore il maestro che veramente istruisce; è Cristo, è la sua ispirazione ad istruire.

 

Quindi sia la persona accompagnata che l’accompagnatore sono sotto la regola dello Spirito Santo, che parla nel segreto dei loro cuori e suggerisce le cose di Dio.

A colui che accompagna altri fratelli in questo cammino verso la santità cristiana, competono in particolare alcune caratteristiche “virtuose” (in parte già citate per le componenti della relazione guida-guidato), che potrebbero essere patrimonio della santità personale ed esperienza di vita: l’accoglienza, l’ascolto, la comprensione, il sostegno fraterno, la stima.

Innanzi tutto colui che si rende disponibile per questo alto compito deve sempre avere nel cuore che - come Cristo è venuto per servire - sta compiendo un servizio al fratello, alla sorella. È uno che sperimenta su di sé la povertà dei propri limiti e difetti, ma qualora sia chiamato a servire l’altro e a riceverlo come un dono ci mette tutto se stesso e lo fa sempre con “timore e tremore”. Accoglie il fratello/sorella non come “uno dei tanti”, ma come unico davanti a Dio. La guida deve ulteriormente considerare che con l’accompagnamento spirituale si inoltra nella “terra santa” del cuore del fratello, della sua vita intima, lì dove Dio opera; quindi deve “scalzarsi” (cfr Es 3, 1ss) davanti alla shekinah (presenza di Dio) nella vita della persona.

Sua priorità sarà cercare di scoprire quale cammino di santità Dio ha progettato, aiutando ciascuno a percepire la Sua Volontà, rispettando i tempi e i modi di agire del Signore. Non deve mai mettersi al posto di Dio con la pretesa di dire in modo autoritario cosa la persona deve o non deve fare, ma discernere e capire il disegno dello Spirito Santo sulla persona guidata. Oltretutto non deve mai proporre se stesso come un modello per l’altro, nè portare spesso e volentieri la propria esperienza come metro per la vita spirituale del fratello. Deve sempre essere molto discreto e in ascolto di cosa lo Spirito suggerisce, e non di come vede e pensa lui.

Deve inoltre imparare l’ascolto attento e non condizionato, un ascolto compiuto con attenzione, interesse, cuore aperto; un ascolto che preveda comprensione (prendere con) dandogli spazio nella preghiera, nella propria offerta e nel cuore. Deve sostenere l’altro, non proponendogli scelte preconfezionate, anzi deve stare al suo fianco ma non per sostituirsi a lui nelle scelte che invece dovrà operare da solo.

L’accompagnatore deve svolgere il servizio vivendo il coraggio della verità, anche quando è scomoda per tutti e due, e potrebbe anche vivere l’esperienza dell’impopolarità, del non essere accettato sempre e comunque. Inoltre la guida dovrà svolgere il suo servizio preoccupato più di edificare la persona all’interno, piuttosto che ottenere risultati esteriori immediati.

 

L’accompagnatore scelto dalla persona dovrà ispirarle fiducia e farla sentire a proprio agio; egli sarà come uno “specchio” che rivela con molta sincerità ciò che non si riesce a vedere di se stessi.

Alla fine è necessario un sincero e profondo rispetto della persona accompagnata e un’accoglienza incondizionata.

Qui si tocca con mano il campo dell’amore e il cuore dell’amore è il rispetto; l’accompagnatore deve essere immagine dell’amore di Dio.

 

 

Anno XVIII - 2013 n°1


 

 
Continua...
   

 

 

SE VUOI PUOI RICEVERE GRATUITAMENTE

A CASA TUA IL NOSTRO GIORNALINO.

Richiedilo a :

Progetto Un monastero nella Città

Via Saffi, 36 - 61029 Urbino  (PU)

 oppure: progetto@monasteronellacitta.it

 

 
   
 
 
 
 
 

Risoluzione consigliata 1024 x 768