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Spiritualità |
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di suor Maria Lucia |
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L'accompagnamento spirituale
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Dirigere o accompagnare?
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«La
vita spirituale
è la vita nello Spirito Santo, è l’arte di riconoscere e lasciar
fruttificare la sua presenza in noi.
Non si tratta di una
vita astratta, ma di un modo concreto di vivere che determina tutta
l’esistenza. È il modo di vivere la vita così come l’ha vissuta
Gesù: in questo consiste l’opera dello Spirito Santo in noi,
facendoci passare dall’incredulità alla fede. Da questo punto di
vista, per evitare ogni confusione o sovrapposizione, occorre
ricordare che la prima guida del cuore dell’uomo è quella dello
Spirito.
A questa singolare
guida ciascuno è chiamato a corrispondere, prestando attenzione ai
suoi gemiti inesprimibili che invitano a riconoscere la signoria di
Gesù e la paternità divina. In tal modo viene precisata l’opera di
una guida, di un accompagnatore spirituale: è l’aiuto, in termini
della conoscenza dell’agire di Dio, di discernimento del proprio
cuore e dei propri sentimenti, da parte di chi collabora a questa
azione fondamentale dello Spirito lasciando, tuttavia, a Lui e alla
singola persona il suo primato. In questo senso la tradizione
spirituale ha sempre ritrovato nel tema della paternità un carattere
insuperabile di ogni guida spirituale. Il senso vero della
paternità, infatti, al di là della crisi in cui oggi questa figura
vive […] è quello di dare la vita, di comunicare spirito, spesso più
con la testimonianza complessiva di un’esistenza che non con il solo
insegnamento. In tal modo a ciascuno è offerto lo spazio necessario
perché sia se stesso, nella libertà, perché si senta figlio
amato».
A. B.
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L'accompagnamento spirituale
- Un percorso guidato -
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Con questo articolo iniziamo un
itinerario di conoscenza di quella pratica, molto consolidata nel
Cristianesimo, che è l’accompagnamento spirituale, affermata fin dai
tempi di Gesù.
Molti si chiederanno di che cosa si
tratti e lo spieghiamo subito: l’accompagnamento spirituale (AS) ha
lo scopo di promuovere nel cristiano un processo di maturazione
interiore, spirituale ed umano che aiuti la persona a vivere sempre
più e meglio i valori del Vangelo e la Parola di Dio.
È la classica “direzione spirituale”
tanto praticata fin dagli albori del Cristianesimo. Vedremo in
seguito nei termini e nelle diverse accezioni quale significato
possiede tale pratica e perché si chiama in modi differenti, pur
essendo – sostanzialmente – la stessa cosa.
La vita come cammino
Tutta la vita dell’uomo è un cammino
per diventare in pienezza quello che si è in germe alla nascita.
Ciascuno di noi è chiamato a percorrere le tappe che scandiscono
l’arco della vita: infanzia, fanciullezza, adolescenza, giovinezza,
età adulta, vecchiaia. Saltare una di queste tappe in modo anomalo
non è certo cosa da augurarsi: tutti abbiamo bisogno di crescere
armonicamente, e il non aver vissuto – per esempio – la
fanciullezza perché costretti ad occuparci di cose da grandi, lascia
sicuramente un vuoto che il tempo reclamerà essere colmato. In
questo itinerario già segnato per ogni uomo, l’adulto si è sempre
fatto carico del compito di accompagnare, guidare, educare la
crescita fino alla maturità, facendo da guida nel sentiero della
vita.
Anche la storia della salvezza, così
come ce la presenta la Bibbia, è un cammino costituito da tappe
progressive e consequenziali che conducono a realizzare pienamente
il disegno di Dio; così la storia del popolo d’Israele è un percorso
guidato a partire dall’iniziativa di Dio che chiama prima Abramo,
poi i Patriarchi, il popolo ed oggi la Chiesa e ciascun fedele, a
camminare verso la salvezza, cadenzando il passo con la luce dello
Spirito Santo.
Un cristiano che vuole “fare sul serio”
e farsi carico intensamente del proprio cammino di santità, si
dirige verso l’accompagnamento spirituale, cerca un accompagnatore o
accompagnatrice adatto a sé che sia autorevole in santità di vita ed
esperto nelle vie dello spirito. Se io cammino da solo corro sempre
dei rischi e mi posso perdere nel mare magnum delle possibilità che
mi si offrono per compiere questo itinerario; operare le scelte
della vita da solo, inoltre, potrebbe farmi incappare nel laccio di
un discernimento ingannevole, di sbagliare visuale nel decidere e
scegliere ciò che è più adatto al mio spirito, alla mia storia di
vita, alla mia persona. È opportuno che io mi faccia accompagnare da
un fratello o sorella più esperto nel cammino e che riscuota la mia
fiducia. Per ciascuno, infatti, Dio ha un disegno di santità diverso
e irripetibile. Guardiamo per esempio ai santi: ognuno è diverso
dall’altro, s. Agostino non è la b.ta M. Teresa di Calcutta, eppure
entrambi fanno parte dell’immenso firmamento dei santi, dove
splendono di una luce unica.
C’è una Parola di Dio che ci fa capire
bene che cosa è l’accompagnamento: è il passo del libro di Tobia (5,
3b), in cui l’arcangelo Raffaele, dovendolo accompagnare per un
lungo viaggio, afferma: Sì, posso accompagnarlo, conosco tutte le
strade (Tb 5, 10b). Questo brano ci suggerisce che nel cammino della
vita abbiamo bisogno di qualcuno che ci cammini a fianco, ci
sostenga, ci accompagni dal momento che costui conosce tutte le
strade perché le ha già percorse e nella sua esperienza è capace di
guidare altri per la loro strada (a questo proposito confronta
l’articolo Al passo degli uomini di questo numero).
Fra l’accompagnatore e l’accompagnato è
necessario che si stabilisca una relazione; colui che guida deve
disporsi all’ascolto profondo e attento della persona che guida, la
quale - da parte sua - deve aprirsi all’azione dello Spirito Santo,
che è il protagonista principale dell’accompagnamento. Nel dialogo
si chiariscono dubbi, si fanno verifiche di vita e questo è
importante, perché nel cammino spirituale è molto pericoloso
verificarsi da soli, si rischierebbe di parlarsi addosso perché il
guidato non ha gli occhi limpidi e distaccati da sé per giudicarsi,
mentre un altro ci aiuterà a cogliere e capire l’azione dello
Spirito nel nostro cuore.
Il criterio della compagnia
Dunque nessuno può essere maestro di se
stesso, specialmente nella fede che ha bisogno di essere condivisa.
Gesù stesso ci indica questo criterio della compagnia fondando una
comunità di discepoli che “stessero con lui” e condividessero la sua
vita. Fin dall’inizio della sua azione apostolica, Cristo instaura
il sistema della compagnia, della relazione e dell’amicizia. Egli sa
benissimo che al di fuori di una relazione affettivamente
significativa non esiste comunicazione profonda, così dimostra la
sua amicizia verso gli apostoli istruendoli con pazienza, dolcezza e
premura. Non rinnega la sua amicizia anche se questi sono spesso
gretti, litigiosi, desiderosi dei primi posti, duri a capire; anche
nell’ora del tradimento continua a chiamarli amici. Così anche la
Chiesa primitiva è fondata sul criterio della compagnia e
dell’amicizia; la Chiesa è una comunità dove i cristiani vivono
fraternamente, insieme pregano, ascoltano la parola, celebrano
l’Eucaristia, condividono i beni e la fede.
La fede ha bisogno di essere raccontata
in un clima di reciproca accoglienza e condivisione, sia a livello
comunitario che personale. Ci sono tanti oggi, specialmente fra i
giovani, che desiderano intraprendere un cammino di accompagnamento
spirituale, ma che difficilmente trovano sacerdoti o laici
disponibili a compiere questo altissimo ministero.
Qual è lo scopo dell’accompagnamento
spirituale?
Lo scopo principale di questo servizio
è di facilitare la relazione con Dio, riconoscere la Sua Volontà su
di noi e compierla; è un aiuto efficace perché la potenza del
Battesimo possa svilupparsi in tutta la sua pienezza nella vita del
credente e permettere al seme di vita nuova, ricevuto con il
sacramento, di dare molto frutto. È un aiuto efficace per tutti e
non solo per certe categorie di persone (sacerdoti, religiosi etc.)
come un tempo si riteneva; l’AS è per tutti, per poter vivere in
modo più radicale il cammino di santificazione personale. Con l’AS
si vuole prendere sul serio la propria vita e intraprendere un
cammino impegnato e forte verso la santità della propria vocazione,
affidandosi fiduciosi ad un altro che si fa compagno (panis cum),
cioè che condivide il pane del cammino e procede al mio fianco come
guida esperta ed autorevole.
Se l’AS si confondesse con una semplice
amicizia, un rapporto di colloquio su argomenti diversi e forse
futili, con uno scambio di consigli spirituali e incoraggianti
saremmo fuori dalla verità dell’accompagnamento spirituale;
tantomeno se si tramutasse in colloquio terapeutico dallo psicologo
o, diversamente, in una confessione dei peccati.
L’intento unico è la relazione
personale, cosciente e affettiva con Dio, vissuta nello Spirito
Santo; questo ministero si pone fra Dio e l’anima per un aiuto verso
la pienezza della vita cristiana e non ha altri scopi se non questo.
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Anno XVII - 2012 n°1
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Dirigere o accompagnare?
- Dalla parte della guida
spirituale -
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Come il cammino
della crescita umana conosce le sue tappe ed i suoi traguardi, così
anche quello della crescita nella fede è un percorso caratterizzato
da tappe e dinamiche oggettive di crescita, rivelate dalla Parola di
Dio e formulate dalla tradizione della Chiesa, le quali sono
normativa per ogni credente, anche se poi ognuno è chiamato a
viverle in modo unico e personale.
L’itinerario di
crescita da seguire, dunque (e di cui parleremo prossimamente) e il
ruolo che possiede la guida spirituale si richiamano a vicenda,
perché l’accompagnatore deve comunque farvi riferimento e il suo è
un servizio alla persona guidata.
Ma in che cosa
consiste più precisamente il ruolo della guida? Di che tipo di
“presenza” si tratta?
Nella tradizione
cristiana, i termini usati per indicare questo servizio sono stati:
padre spirituale, direttore, guida spirituale. Negli ultimi decenni
a questi si sono aggiunti altri nomi: consigliere spirituale e, in
particolare, accompagnatore spirituale. Quest’ultimo appellativo ha
avuto molta fortuna, forse perché il significato richiama una
presenza discreta, amica ed esperta e posta al fianco della persona.
La “direzione spirituale” invece è termine che evoca più una figura
che tiene le redini della relazione spirituale, che direziona
appunto e gestisce, come meglio pensa, la vita dell’altro. Questo
ultimo termine, che comunque porta con sé secoli di tradizione nella
storia della Chiesa, di cognizione vissuta, di patrimonio avvalorato
dall’esperienza, oggi lo si preferisce attribuire più ad una
prerogativa propria dello Spirito Santo, che ha l’infinita capacità
di dirigere tutto l’apparato spirituale della persona e, di
conseguenza, anche le relazioni di accompagnamento.
Accompagnare
spiritualmente le persone significa innanzi tutto aiutare a prendere
coscienza che dentro di noi c’è una vita intima - la vita interiore
- che si muove ed agisce troppo spesso a nostra insaputa. È il
nostro essere figli di Dio, animati dall’azione dello Spirito Santo
che è stato riversato nei nostri cuori (Rm 5, 5); è la presenza in
noi delle tre Persone divine: la Ss.ma Trinità. Persegue la
finalità, dunque, di promuovere un processo di maturazione della
vita cristiana in noi, di rendere viva la vita battesimale (con il
suo carico di virtù e doni infusi nel sacramento) e di tendere in
definitiva alla santità.
L’accompagnamento
spirituale è una relazione fra la guida e colui che è guidato
vissuta sotto la protezione dello Spirito. Occorrono quindi tutti
gli ingredienti di una relazione, di una comunicazione
significativa: accoglienza, ascolto, serietà, profondità,
corporeità, silenzio e contesto adeguato. Occorrono i contenuti ma
anche i gesti, verbali e non, l’affetto sincero. In questa relazione
entrambe le persone - accompagnatore e accompagnato - vivono
l’obbedienza al Signore, cercano la sua Parola e il suo volere,
domandano luce e verità da Dio. È un ascoltare insieme la voce dello
Spirito che opera nel cuore dell’uomo e che lo educa, lo ammaestra
secondo il progetto di comunione con Dio.
L’antico adagio di
un monaco ortodosso recita: «Tu non riesci a vedere nei tuoi occhi,
per conoscerti hai bisogno dello sguardo di un altro» e quest’
“altro” è l’accompagnatore, la guida spirituale. Un altro che ti
vede vivere, che sa e conosce le motivazioni vere delle scelte che
operi; l’altro al quale apri il tuo cuore con sincerità e verità,
l’altro che sa leggere nelle pieghe nascoste della tua interiorità,
davanti al quale non provi vergogna nel mostrarti come in verità
sei, l’altro sul cui amore puoi sempre contare. Con l’accompagnatore
si instaura così la relazione spirituale, cioè nello Spirito Santo
che rimane sempre l’agente primo della relazione. È Lui il maestro
interiore, che suggerisce e consola, ammaestra e guarisce.
Dice molto bene s.
Agostino, nel Commento alla prima lettera di s. Giovanni 3, 13:
Il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero
maestro sta dentro… Per quel che mi compete, io ho parlato a tutti;
ma coloro dentro i quali non parla l’unzione dello Spirito, quelli
che lo Spirito non istruisce internamente, se ne vanno via senza
aver nulla appreso. L'ammaestramento esterno è soltanto un
ammonimento, un aiuto. Colui che ammaestra i cuori ha la sua
cattedra in cielo. Egli perciò dice nel Vangelo: Non vogliate farvi
chiamare maestri sulla terra: uno solo è il vostro maestro: Cristo (Mt
23, 8-9). Sia lui dunque a parlare dentro di voi, perché lì non può
esservi alcun maestro umano. Se qualcuno può mettersi al tuo fianco,
nessuno può stare nel tuo cuore. Nessuno dunque vi stia; Cristo
invece rimanga nel tuo cuore; vi resti la sua unzione, perché il tuo
cuore assetato non rimanga solo e manchi delle sorgenti necessarie
ad irrigarlo. È dunque interiore il maestro che veramente istruisce;
è Cristo, è la sua ispirazione ad istruire.
Quindi sia la
persona accompagnata che l’accompagnatore sono sotto la regola dello
Spirito Santo, che parla nel segreto dei loro cuori e suggerisce le
cose di Dio.
A colui che
accompagna altri fratelli in questo cammino verso la santità
cristiana, competono in particolare alcune caratteristiche
“virtuose” (in parte già citate per le componenti della relazione
guida-guidato), che potrebbero essere patrimonio della santità
personale ed esperienza di vita: l’accoglienza, l’ascolto, la
comprensione, il sostegno fraterno, la stima.
Innanzi tutto colui
che si rende disponibile per questo alto compito deve sempre avere
nel cuore che - come Cristo è venuto per servire - sta compiendo un
servizio al fratello, alla sorella. È uno che sperimenta su di sé la
povertà dei propri limiti e difetti, ma qualora sia chiamato a
servire l’altro e a riceverlo come un dono ci mette tutto se stesso
e lo fa sempre con “timore e tremore”. Accoglie il fratello/sorella
non come “uno dei tanti”, ma come unico davanti a Dio. La guida deve
ulteriormente considerare che con l’accompagnamento spirituale si
inoltra nella “terra santa” del cuore del fratello, della sua vita
intima, lì dove Dio opera; quindi deve “scalzarsi” (cfr Es 3, 1ss)
davanti alla
shekinah
(presenza di Dio) nella vita della persona.
Sua priorità sarà
cercare di scoprire quale cammino di santità Dio ha progettato,
aiutando ciascuno a percepire la Sua Volontà, rispettando i tempi e
i modi di agire del Signore. Non deve mai mettersi al posto di Dio
con la pretesa di dire in modo autoritario cosa la persona deve o
non deve fare, ma discernere e capire il disegno dello Spirito Santo
sulla persona guidata. Oltretutto non deve mai proporre se stesso
come un modello per l’altro, nè portare spesso e volentieri la
propria esperienza come metro per la vita spirituale del fratello.
Deve sempre essere molto discreto e in ascolto di cosa lo Spirito
suggerisce, e non di come vede e pensa lui.
Deve inoltre
imparare l’ascolto attento e non condizionato, un ascolto compiuto
con attenzione, interesse, cuore aperto; un ascolto che preveda
comprensione (prendere con) dandogli spazio nella preghiera, nella
propria offerta e nel cuore. Deve sostenere l’altro, non
proponendogli scelte preconfezionate, anzi deve stare al suo fianco
ma non per sostituirsi a lui nelle scelte che invece dovrà operare
da solo.
L’accompagnatore
deve svolgere il servizio vivendo il coraggio della verità, anche
quando è scomoda per tutti e due, e potrebbe anche vivere
l’esperienza dell’impopolarità, del non essere accettato sempre e
comunque. Inoltre la guida dovrà svolgere il suo servizio
preoccupato più di edificare la persona all’interno, piuttosto che
ottenere risultati esteriori immediati.
L’accompagnatore
scelto dalla persona dovrà ispirarle fiducia e farla sentire a
proprio agio; egli sarà come uno “specchio” che rivela con molta
sincerità ciò che non si riesce a vedere di se stessi.
Alla fine è
necessario un sincero e profondo rispetto della persona accompagnata
e un’accoglienza incondizionata.
Qui si
tocca con mano il campo dell’amore e il cuore dell’amore è il
rispetto; l’accompagnatore deve essere immagine dell’amore di Dio.
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Anno XVIII - 2013 n°1
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Continua... |
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