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Spiritualità |
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di Madre Maria Lucia
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Desideri... come stelle
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Dimmi cosa
desideri...
- Desiderio:
attesa e compimento
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Ecco
a voi una nuova rubrica intitolata: Accendiamo
le stelle! Di che cosa si tratta? Non certo di
un argomento riguardante l’astronomia,
tantomeno l’astrologia, ma - pensate un po’ -
riguarderà il mondo dei desideri, un mondo che
ci vive dentro, che plasma il nostro pensare,
l’agire, l’amare... insomma il tutto di
noi.
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Desideri...
come stelle
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Prima parte -
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Quante volte ci
sarà capitato di stare con il naso all’insù e
affondare gli occhi fra le stelle, magari in
una calda notte d’estate: niente di più bello,
entusiasmante, soprattutto romantico se stiamo
in compagnia di qualcuno che amiamo... E
quanti desideri espressi al cader di qualche
meteora che si stacca dagli astri e precipita
nel buio. Ma ci siamo mai chiesti perché
abbiniamo le stelle ai desideri umani? Basta
prendere in considerazione l’etimologia della
parola: desiderio viene dal latino de (via da)
e sidus (astro, stella) così intendiamo il
desiderio come una condizione originaria
connessa con la percezione di una mancanza e
l’originarsi di un’attesa, di fronte ad un
cielo privo di stelle. Insomma, è ciò che ha
“a che fare con le stelle”, al di sopra di noi
quindi, che ci supera e trascende.
Il desiderio deriva
dal cielo, ci collega agli spazi siderei e
alla sfera celeste, e oltrepassa la dimensione
terra-terra, dove invece noi comunemente ci
muoviamo. È affascinante questo filo rosso che
congiunge, in modo suggestivo, stelle e
desideri, quasi a tracciare un percorso per i
nostri aneliti affinché possano giungere “fino
alle stelle”. Ma se sono così protesi verso il
cielo, i nostri desideri sono per questo
irraggiungibili o irrealizzabili?
Sono forse semplici
sospiri che lanciamo guardando la volta
siderea?
Eppure le stelle
sono sempre lì, fisse ai loro posti, quasi a
ricordarci che possiamo desiderare, anzi che è
necessario, pena la nostra stessa vita priva
di senso e di colore. C’è un bel canto che
dice: “Ho bisogno di incontrarti nel mio
cuore... la stella polare tu, la stella sicura
tu, al centro del mio cuore ci sei solo Tu”,
l’Altro che come stella è fedele e non cambia
posizione, come astro che sorge e mai
tramonta.
“Avere” o
“essere” desiderio?
Quando parliamo di
desideri, subito ci viene in mente la… lista
della spesa, cioè un di elenco di desideri
possibili, da sciorinare al cader delle stelle
o, se siamo credenti, al cospetto di Dio. Li
associamo a dei contenuti, quindi, mentre -
per prima cosa - essi rimandano ad una
struttura psichica. Il desiderio, infatti, è
una struttura stessa dell’animo umano prima
ancora che si esprima in desideri particolari.
La nostra è una struttura desiderante, per cui
non sono gli oggetti che suscitano i desideri,
ma è la nostra capacità di desiderare che
rende gli oggetti desiderabili; il mondo dei
desideri non è costituito quindi, da un elenco
infinito di cose che mi mancano e che mi
piacerebbe avere, ma dall’anelito umano
profondo di esistere in pienezza, come
persona. Desiderare significa avere volontà
profonda di esistere, di avere un senso cui
appartenere e per il quale spendere i propri
giorni, è un anelito esistenziale, ontologico
che non è attivato dalle cose che sono più o
meno desiderabili, ma che fa parte della
nostra stessa struttura umana.
Ciascuno di noi,
dunque, non è solo una persona che “ha”
desideri, ma un essere desiderante in
assoluto, anche se non avesse più desideri.
Quindi il desiderare dovrebbe supporre un
“mirare alto” nell’espressione degli stessi,
altrimenti rimarremmo nella sfera dei bisogni
che - soddisfatti qui ed ora, secondo la
propria logica - ci incalzano ulteriormente
con la loro fame e sete di soddisfazione
ulteriore. C’è differenza infatti fra il dire:
“questo lo desidero” e “di questo ne ho
bisogno”; quando desidero qualcosa, questo si
colloca nell’ambito di un valore, di una
scelta (per es. vocazionale: matrimoniale,
sacerdotale, vita consacrata), e desiderare
una di queste dimensioni vuol dire che si è
creata una connessione fra lo stato profondo
del mio esistere e quella scelta. Sento cioè
che in quella scelta, in quella dimensione di
vita il mio cuore batte a pieno ritmo e che
consequenzialmente porrò atti per incamminarmi
verso quella determinata dimensione di vita.
Quando si muove di me la “struttura” del
desiderare, la spinta a vivere in pienezza e
con un senso, allora la scelta che ho fatto
diventa l’espressione gioiosa del mio vivere,
desidererò conoscerla e amarla sempre più,
valuterò tutto ciò che con essa si connette e
ciò che è discordante, avrò desiderio di
concretizzarla sempre più e anche di
sopportare le frustrazioni e le difficoltà del
cammino etc.
Se invece
l’aggancio è con i miei bisogni, di quella
scelta prenderò solo quello che mi piace al
momento, o che penso soddisfi le mie esigenze
più immediate.
Bisogno e
desiderio
C’è una divario
notevole fra bisogno e desiderio, anche se uno
prepara all’altro perché il bisogno che
soddisfatto genera sempre “fame”, rivela che
il cuore dell’uomo è sempre molto più grande e
capace di quello che si pensi, non basta
infatti al cuore tacitare i bisogni, i quali
gratificano ma non “danno piacere”. Quale la
differenza? Direi fondamentale, perché il
piacere è quella soddisfazione che si ottiene
quando si ha consapevolezza che si sta
lavorando per qualcosa che ci fa vivere in
pienezza, come persona nel bene totale, che è
appunto l’esigenza del desiderio. La
gratificazione, invece, è un appagamento che
si ottiene quando qualcosa colma un deficit,
una mancanza. Quando diciamo: “ho tutto, ma mi
sento triste”, è perché le cose mi gratificano
e tacitano il bisogno immediato, ma non danno
senso; invece ciò che dà piacere può anche non
gratificare, quando per esempio dico: “nelle
tribolazioni sono più che vincitore”, come
l’apostolo Paolo. Il bisogno cerca una
soddisfazione perché trae vantaggio “per sé”,
il desiderio lo cerca perché è bello e
prezioso “in sé”. Ne consegue che il bisogno
adatta a sé l’oggetto delle sue soddisfazioni,
fino anche a violentarlo o manipolarlo, mentre
il desiderio lo rispetta nella sua natura, ne
percepisce la bellezza e l’approfondisce
sempre più.
Il desiderio è una
forza che porta con sé dei significati, è
quindi una facoltà nobile dell’uomo e un
plasmatore di futuro, è incominciare a
decidersi perché il futuro si profili in un
modo piuttosto che in un altro, desiderare
qualcosa è anticipare il futuro e cercare i
modi per realizzarlo, è il grembo vitale delle
scelte, quando per esse mettiamo in moto la
volontà che segue sempre il desiderio. Infatti
nella vita vale il detto: “lo desidero, quindi
lo voglio”, mentre il suo contrario non
funziona, perché volere una cosa non causa e
non comporta il desiderarla. Non è infatti la
volontà ma il desiderio a suggerire l’azione,
per volere bisogna desiderare, perché è il
desiderio che dà importanza e significato alle
cose, alle scelte, anche se l’importanza
attribuita loro potrebbero anche non averla in
sé; per esempio, quando attribuiamo valori
assoluti a realtà che potrebbero diventare
idoli.
Il desiderio dice
molto della realtà interiore più profonda e
che governa il rapporto con la realtà esterna.
Potremmo affermare: dimmi che cosa desideri e
saprò chi sei.
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Anno XVIII
- 2014 n°1
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Dimmi
cosa desideri...
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Seconda parte -
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Sembra
strano, ma è così. Il titolo ci introduce
alla scoperta di una verità che, a prima
vista, può sembrare esagerata: la nostra
identità è data dalla grandezza dei desideri
che ci abitano... e quanti sono, i desideri
che ci abitano!
In
un articolo passato abbiamo detto che la
natura umana è - per struttura -
desiderante, per cui
non
sono gli oggetti che suscitano in noi il
desiderio, ma è la nostra capacità di
desiderare che rende gli oggetti
desiderabili; il mondo dei desideri non è
costituito da un elenco infinito di cose che
ci mancano e che ci piacerebbe avere, ma
dall’anelito umano profondo di esistere
in pienezza,
come persone. Desiderare infatti significa
avere volontà profonda di esistere, di avere
un
senso
cui appartenere e per il quale spendere la
vita.
Che
cos’è il desiderio? Con questo termine (de-
sidus,
condizione umana associata ad una
mancanza... di stelle) si indica quella
complessa realtà di sensazioni ed emozioni,
di sogni e aspirazioni, solo in parte
consapevoli, con cui esprimiamo quanto ci
sta maggiormente a cuore, ciò verso cui si
dirige il nostro sguardo e che è centrale
per la nostra vita. È il mondo dei desideri
che rivela la maturità e il grado di libertà
di una persona; apprezzare e desiderare ciò
che è vero-bello-buono in sé è senza dubbio
segno di grande libertà e maturità umana. Il
desiderio è una tendenza significativa,
quindi, verso ciò che vale, che ha un senso
e che ci dà senso.
...e ti dirò chi sei
Cosa
ne dice la psicologia? Secondo le scienze
umane, il desiderio viene definito molto
efficacemente come disponibilità
interiore a canalizzare tutte le nostre
energie verso un oggetto considerato
centrale per la stima di noi stessi. Questa
definizione è la stessa di amore, per cui
vediamo che desiderare e amare sono quasi
la stessa realtà, hanno le stesse
componenti psichiche e umane.
Innanzi
tutto è disponibilità interiore:
cioè lo stato interiore di prontezza per
una decisione. Per avviarla non c’è
bisogno che qualcuno ci spinga o ci
persuada, ci convinca, ci sproni perché
siamo noi stessi all’interno predisposti
per quella decisione. Questo stato
interiore ci predispone a vivere di buon
grado le nostre scelte, ad aderirvi con
l’intelligenza, a motivarci sempre di più
con la riflessione e ad aderirvi con il
cuore.
Canalizzare:
si tratta di organizzare continuamente le
proprie energie psichiche (mente, cuore,
volontà) intorno ad un centro
vitale che continuamente ci attrae senza
esaurirsi nell’appagamento, che è tipico
invece del bisogno, mentre il desiderio
segue il ritmo dell’avanzamento e della
ricerca incessante.
Oggetto:
per
oggetto qui s’intende un’entità “altra”
sentita come importante, che ha a che fare
con il nostro essere persone e con la
nostra identità.
Centrale
per la stima di noi stessi:
centrale
quindi per la nostra identità, da cui
dipende la nostra amabilità e la verità
della nostra persona.
Sant’Agostino
afferma che l’amore è una forza tale da
unire in uno stesso destino, in una stessa
realtà i due soggetti amanti. Amare vuol
dire diventar tutt’uno con l’amato,
formare un corpo ed un’anima sola, per cui
giunge a dire: Ami la terra? Sei
terra. Ami Dio? Dovrei dire, sei Dio ma
ce lo dice la Scrittura nel salmo 82:
“Io ho detto, voi siete dèi, figli tutti
dell’Altissimo”.
Ma
se amare e desiderare li definiamo allo
stesso modo, ecco che possiamo concludere
che amare-desiderare sono un’unica
espressione profonda della nostra
interiorità, del nostro sentirci e saperci
persone. Allora, dimmi che cosa
ami-desideri e ti saprò dire chi sei,
quanto vali, che cosa c’è al centro della
tua vita interiore, insomma di che pasta
sei fatto.
Sarebbe
bello essere consapevoli che è questa
“dinamo” interiore che ci conduce nella
ricerca di ciò che è centrale per noi e
che ha la pretesa di appagarci. Purtroppo,
data la nostra limitatezza, non sempre
riusciamo a vivere così e spesso i nostri
sono anche desideri piccoli, asfittici, di
basso cabotaggio... Aspiriamo a tanto,
desideriamo... le stelle e ci
accontentiamo poi delle ghiande dei porci,
perché il desiderio-amore, per natura, è
ambivalente, ma proprio questa ambivalenza
è la garanzia del suo perdurare. Per
continuare a desiderare dobbiamo accettare
di restare nel mondo del provvisorio, non
del compimento. L’uomo è limite e
desiderio infinito, per cui se il
desiderio esistenziale di esistere in
pienezza fosse soddisfatto saremmo già
perfetti, ed invece non lo siamo. Il fine
del desiderio rimane - rispetto a noi -
sempre in una posizione di avanzamento, è
raggiungibile ma mai catturabile ed
esauribile. Desiderare suppone lasciare
aperto un varco, uno spazio di
pienezza/carenza, limite trasceso e limite
riapparso, per cui nel momento in cui il
desiderio pretende di essere esaudito,
ecco ci si accorge che l’oggetto che lo ha
appagato è sempre ed ancora più in là e si
riparte con il desiderare. L’uomo è
l’essere aperto all’“oltre”, un esse
ad diceva sant’Agostino.
Siamo
esseri aperti all’“oltre da sé”, dunque,
aperti all’infinito e legati al
contingente, e il desiderio è l’atto di
oltrepassare questo nostro limite, è la
forza che ci fa sempre progredire e andare
avanti. Nel suo aspetto contingente
ricorda invece la nostra situazione di
limite e finitezza, di anelito ad un
compimento. I desideri sono proprio come
le stelle: brillano, attraggono, ma sono
irraggiungibili.
Niente
può saziare il cuore umano, sempre
spalancato verso l’infinito. La situazione
esistenziale di cui una persona prende
consapevolezza - il suo essere anelante
a..., desiderare etc. - può essere
frustrante se l’oggetto perseguito è
iperbolico, quindi irraggiungibile, o se è
sproporzionato con la situazione reale del
richiedente. Apre invece la porta al
cristiano su un nuovo straordinario
orizzonte: quello dell’invocazione, della
preghiera.
E
di questo parleremo prossimamente.
|
<<
[...] Le
stelle sono lì nel cielo per ricordarci
di riprendere sempre a desiderare: ogni
desiderio allarga, non chiude la
pienezza. Anzi, dopo essersi compiuto,
il desiderio si rigenera e riprende il
cammino verso nuove stelle, verso nuove
pienezze. Le stelle del nostro desiderio
ci portano fuori dall’inferno (“E
quindi uscimmo a riveder le stelle”),
verso l’ “Amor
che move il sole e l’altre stelle”.
E
se in fin dei conti, ogni stella fosse
un nostro desiderio? E se il cuore, come
un cielo di stelle, illumina e brilla
perché palpitante di tanti desideri? E
tutto ricomincia...>>
G. Salonia
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Anno XIX
- 2015 n°1
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Desiderio:
attesa e compimento
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Terza parte - |
Abbiamo
parlato di desiderio e preghiera e abbiamo visto
come, seguendo l’esperienza di Sant’Agostino,
sia l’uno che l’altra possono fondersi in un
solo grido del cuore.
Non è però così automatico, perché non tutti i
desideri che ci abitano sono ipso facto
preghiera. Potrebbero essere, invece, meschini,
gretti e interessati, autoreferenziali, e non
per il solo fatto di essere espressione dei
“moti del cuore” essi sono sempre preghiera.
Infatti, non ci capita di verificare che spesso
essi sono addirittura in contrasto con i valori
cristiani? Per esempio, ci sono desideri
soggettivi che rischiano di prendere il primo
posto nella vita, scalzando gli interessi del
Regno di Dio: fama, carriera, salute,
attaccamento eccessivo alla vita terrena e via
dicendo. La lista delle domande a Dio sono
interminabili. Come fare? Certo, non basta
reprimerli con la volontà o sforzarci di non
pensarli; è necessario evangelizzare, quindi
purificare i nostri desideri da tutto ciò che
non è conforme al Vangelo, di non consono alla
Volontà di Dio.
La preghiera potrebbe diventare un’esperienza
poco gratificante nel momento in cui ci
accorgiamo di quanto “marasma” e confusione sta
dentro di noi, quanti desideri falsi e poco puri
proviamo! Non dobbiamo deprimerci, perché a
questo punto la preghiera sarà anche il luogo
dove emergerà il nostro vero volto, dove potremo
purificare la nostra interiorità; è sempre,
comunque, autentica preghiera perché ci
obbligherà a guardarci dentro e a confrontare i
nostri desideri con la Parola di Dio, questa
spada a doppio taglio (Eb 4, 12) che mette a
nudo le nostre profondità, illumina la coscienza
e i suoi angoli nascosti, le intenzioni e i
sentimenti.
Nel Vangelo di Luca (11, 13) il Signore dicendo
queste parole: Se voi che siete cattivi, sapete
dare cose buone ai vostri figli, quanto più il
Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a
quelli che glielo chiedono, orienta la nostra
richiesta ad essere diretta a chiedere non
questo o quello, ma Dio stesso, lo Spirito Santo
in persona. Infatti, fa eco sant’Agostino, che
cosa può bastare a colui a cui Dio non basta? Se
Dio non basta al cuore dell’uomo, quanto meno le
cose o i beni di questo mondo. Ed ecco allora
che i desideri vengono “setacciati”, passati al
vaglio della Parola e purificati, lasciando
quanto c’è di buono in essi e di conforme alla
Volontà di Dio. Pregare così equivale ad educare
mente e cuore, affinché possiamo imparare a
chiedere secondo il Vangelo.
Sospesi...
nel vuoto
In questo nostro itinerario la preghiera del
desiderio può conoscere una tappa piuttosto
dura: è l’esperienza del non esaudimento, della
non coincidenza tra la domanda e la risposta di
Dio, tra la supplica accorata e... il vuoto. Il
Padre, a volte, tarda ad esaudire il nostro
grido, tace. Sembra non ascoltare o addirittura
ignorare le richieste dei suoi figli, non si
presenta all’appuntamento. Sembra lasciarci
sospesi nel vuoto, appunto, tra la domanda
accorata e il baratro del non esaudimento: dov’è
Dio? Dove la sua promessa: Chiedete e vi sarà
dato? Anche il salmo 41, supplica di un’anima
assetata che cerca la sorgente, grida: Dov’è il
tuo Dio? E così spesso la nostra fede è messa
alla prova, è passata al crogiuolo del silenzio
di Dio per farci capire che non siamo noi a
gestire il rapporto con Lui come lo pensiamo, ma
è Lui che sa bene di che cosa abbiamo bisogno e
vuole che “ci esercitiamo nel desiderio”, come
un allenamento del cuore e ci esaudirà oltre le
nostre aspettative, sempre.
Sant’Agostino, che è un ottimo conoscitore del
cuore umano e di quello di Dio, afferma che se
Dio sembra non ascoltarci subito, lo farà quando
meglio crede, perché ci esaudisce in ordine alla
salvezza e non quando pensiamo noi; il suo
sguardo, infatti, vede ben oltre i nostri corti
orizzonti. Dio non accontenta i desideri gretti
e rinsecchiti dell’uomo, ma solo quelli infiniti
come Lui e quindi alti nelle richieste. Quanto è
difficile trovare uno che dica: Di te, o Dio, ha
sete l’anima mia! afferma il nostro Santo. Se i
nostri desideri non vengono accolti, allora è il
caso di ridefinirli, purificarli alla luce del
Vangelo, specchiarli nella Parola. Questo
sfronda anche la nostra idea su Dio da molti
stereotipi: chi è il Signore in cui crediamo e
al quale rivolgiamo il nostro grido? Un ente
superiore qualsiasi, un buon nonno di famiglia,
babbo natale o il Padre di Gesù Cristo?
Non
sappiamo aspettare
In questi momenti difficili, a volte drammatici,
nasce il vero desiderio di Dio, nasce la
preghiera preceduta e preparata dall’attesa e
dalla scoperta dell’io, cresce grazie ad una
orazione che non cerca gratificazioni, come
succede a chi vive una religiosità funzionale
(cioè in funzione di esaudimenti facili) che
strumentalizza Dio.
È proprio l’attesa che dilata il desiderio,
estende la capacità stessa di ricevere, come con
un grosso sacco: più lo allarghi più merce ci
sta. Più desìderi secondo Dio, più attendi da
Lui, più si dilata il tuo cuore ed esso diventa
pronto per accogliere, non quello che pensi tu,
ma quello che ti vuol donare Lui, che è molto di
più: è se stesso. Oggi però non sappiamo più
aspettare, abbiamo perso la capacità di
attendere; il criterio del “tutto subito”
avvelena anche la preghiera e ce la fa vivere da
insoddisfatti, da impazienti: “Ho pregato tanto
e Dio non mi ha ascoltato; mi sono stancato, ho
perso la fede” etc... sono le dichiarazioni più
comuni di gente rassegnata e disillusa, che non
attende più niente dalla vita, da se stessa e
neppure da Dio.
Scavo
e conversione
Tutto della vita dell’uomo e del cristiano può e
deve entrare nella preghiera: amicizia, amore,
dubbi, fallimenti, sofferenze e gioie, paure,
ribellioni, scelte di vita e vocazionali, lutti,
tragedie: l’elenco potrebbe arricchirsi a
dismisura. Non c’è nulla di umano che non possa
essere messo in rapporto con la Parola e con la
Croce di Gesù. Nella preghiera ogni nostra
realtà umana può diventare elemento di confronto
tra i nostri desideri e lo Spirito, questo altro
dal desiderare umano; un confronto d’altra parte
indispensabile, perché la maggior parte delle
situazioni elencate si potrebbe prestare a
scelte ambigue, e se non vogliamo scambiar
fischi per fiaschi o disperderci tra i meandri
dei nostri problemi... Possiamo anche affidarci
ad una guida esperta, sacerdote o maestro/a di
spirito che sia, che ci illumini e orienti la
nostra preghiera cristiana, perché anche da qui
passa il discernimento dei nostri desideri.
È anche necessaria un’operazione che chiamiamo
scavo del desiderio, e che consiste
nell’interrogarsi sul suo contenuto e la sua
origine, andando al di là dell’oggetto
immediatamente sospirato e risalendo di
desiderio in desiderio fino a cogliere
l’esigenza radicale di bene, di verità, di
libertà che è presente in ciascuno e che è
espressione limpida del desiderio ancor più
radicale di Dio. Scavare il desiderio significa
inoltre cogliere in noi una più o meno velata
insoddisfazione, riconoscerne i travestimenti,
le falsità e scoprire invece alla radice quella
cicatrice del divino che è aperta nel cuore di
ciascuno, come memoria incancellabile. Quando si
raggiunge l’origine dei desideri, come dovrebbe
avvenire nella preghiera, si scopre Dio, si
scoprono l’immagine e somiglianza divine
scolpite nell’uomo interiore.
Questa fase dovrebbe preparare il terreno alla
tappa successiva e decisiva della trasformazione
dei desideri, la fase della conversione, e la
preghiera è il luogo di questa trasformazione.
Scavare il desiderio significa cogliere qualcosa
che già è deposto nella natura; conversione del
desiderio vuol dire decidere liberamente di
pensare e attuare il proprio futuro nella linea
del volere divino, volgere il desiderio umano
verso Dio e verso ciò che Dio desidera per
l’uomo.
Un
nemico in agguato
La preghiera del desiderio ha un nemico, la
paura, che provoca resistenza perché all’uomo
già pare difficile, se non impossibile, compiere
la volontà di Dio, rettificare il desiderio;
arrivare addirittura a desiderare come Dio...
sembra proprio troppo! E così la paura blocca
tutto, uccide il desiderio: come superarla?
A questo punto dobbiamo chiamare in causa il
dono di Dio che vive in noi: siamo battezzati,
siamo cresimati e questa bella realtà cristiana
ci dice che in noi abita e opera lo Spirito
Santo, che in noi prega Cristo e grida: “Abbà,
Padre”. Se noi lasciamo emergere dal cuore
queste parole del Figlio, allora saremo certi di
parlare ed esprimere i nostri veri desideri,
trasformati e convertiti dallo Spirito Santo che
prega in noi. San Paolo dice: Lo Spirito viene
in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo
infatti come pregare in modo conveniente, ma lo
Spirito stesso intercede con gemiti
inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che
cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede
per i santi secondo i disegni di Dio (Rm 8,
26-27).
Lo Spirito Santo, fonte d’amore che scaccia la
paura, infonde anche la forza di “osare” alto,
di desiderare come Dio, di desiderare Dio.
Ma la preghiera a questo punto non è più opera
nostra: è azione di Dio, è dono, grazia e amore.
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La
vita di un buon cristiano è tutta un santo
desiderio...
Dio con l’attesa allarga il nostro
desiderio, col desiderio allarga l’animo e
dilatandolo lo rende più capace...
In questo consiste la nostra vita:
esercitarci col desiderio.
Saremo tanto più vivificati da questo
desiderio santo, quanto più allontaneremo
i nostri desideri dall’amore del mondo...
Dilatiamoci con il desiderio di Dio.
Sant’Agostino, In Ep Gv 4, 6-7
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Anno XIX
- 2016 n°1
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